Diga di Molare: Urbs racconta il crollo con esperti e storici
In vista del 90° anniversario, che cadrà il prossimo 13 agosto
OVADA – Sono definite le «nove ore che sconvolsero la Valle Orba» la porzione di tempo di cui si materializzò il crollo della diga di Molare. Dell’evento che ha causato 111 vittime travolta dalla furia di acqua e fango. A poche settimane dal 90° anniversario di quegli eventi a raccontare nei particolari la giornata del 13 agosto 1935 è “Urbs”, la rivista dell’Accademia Urbense. Il numero 2 del 2025 è già disponibile presso librerie, edicole della città e nella sede dell’ente culturale in via Cairoli. Di fatto si tratta del primo tassello delle iniziative coordinate per ricordare un evento che per tanti anni è stato relegato negli angoli della memoria di tanti ovadesi che in quei momenti drammatici aveva perso un parente o un amico. L’area del Borgo di Ovada, oltre il ponte che in quei frangenti crollò, è quella più colpita da un’immane tragedia che cancellò la piccola economia di un’area della città molto avanzata (per l’epoca di cui parliamo).
A recuperare la ricostruzione storica dalla polvere e dall’oblio nei quali era piombata è stato nel 2013 Vittorio Bonaria, autore del volume “La diga di Molare – il Vajont dimenticato”, una ricostruzione fedele e puntuale delle vicende che portarono alla costruzione della diga e delle modalità con le quali la tragedia si materializzò.
Giornata drammatica
“La Diga di Molare è un monumento immerso nei boschi delle Alpi Liguri che si erge a memoria di un evento catastrofico ormai quasi totalmente dimenticato ed aсcaduto nel 1935, al confine tra le province di Genova ed Alessandria”. Questo si legge nell’introduzione del volume che si avvale anche della prefazione di Luca Mercalli. Il materiale custodito dall’Accademia Urbense ha fornito una case importante al libro.
E proprio su quei documenti si basano gli articoli pubblicati da Urbs. Pier Giorgio Fassino parla appunto delle 9 ore che sconvolsero la Valle Orba. Federico Borsari dedica il suo articolo basato anche sui documenti e le ricerche effettuate dal padre, lo storico Gino Borsari. Paolo Bavazzano basa invece la sua ricostruzione sui documenti contenuti nell’archivio storico del Palazzo Comunale.