Grazie sì, ma senza esagerare
Ringraziare ChatGPT e chiedergli di rispondere in modo migliore sono gesti costosi, anche dal punto di vista ambientale
Se avete letto da qualche parte che dire “grazie” a ChatGPT è un gesto costoso, forse occorre crederci. Lo ha detto Sam Altman, il suo creatore, di fatto colui che paga le bollette della corrente elettrica: ogni messaggio che inviamo — anche un semplice “grazie” — attiva processi computazionali che consumano energia. Tanta. Milioni di ringraziamenti al giorno equivalgono a milioni di impulsi elettrici.
Lo confesso: io ci sono rimasto male. Da ragazzo di provincia quale sono, mi sembrava naturale ringraziare ChatGPT e, forse, con un vago sospetto complottista, trovavo prudente tenermi buono il prossimo padrone del mondo.
La tecnica dell’Answer Levelling
A questo punto, devo mettere in discussione anche la mia tecnica preferita, l’Answer Levelling. Funziona così: dopo la prima risposta (che spesso è superficiale, sintetica, quasi timida), gli si chiede di fare meglio. Di “salire di livello”. La frase magica è: “Grazie per la prima risposta, ma considerala a livello base. Ora dammi una versione più avanzata, completa e concreta”. E la cosa sorprendente è che lo fa davvero. Non perché si offenda, ma perché è stato progettato per modulare la complessità in base al contesto che può essere elaborato.
La prima risposta, dunque, non è mai la migliore. Stiamo addestrando un’intelligenza artificiale a pensare meglio, ma, a quanto pare, stiamo anche consumando di più. E allora la domanda sorge spontanea: quanto vale, oggi, una buona risposta? Forse è opportuno che Sam Altman ci aiuti a capire meglio i costi ambientali della sua tecnologia e a prendere consapevolezza di questa nuova, quotidiana abitudine.