«Serve un approccio globale per le malattie cardiovascolari»
Intervista al dottor Guido Costantino, specialista in Cardiologia e Diabetologia
ALESSANDRIA – In Italia, le malattie cardiovascolari sono responsabili del 36% di tutti i decessi, superando i 230mila casi.
I numeri sono impattanti anche in termini di ricovero ospedaliero (prima causa a livello nazionale) ed è evidente che il carico di patologie correlate copra una quota considerevole della Spesa Pubblica nel nostro Paese. Un quadro complesso, che però negli ultimi anni evidenzia diversi segnali di miglioramento, sui quali evidentemente bisogna insistere.
Ne parliamo con il dottor Guido Costantino, specialista in Cardiologia e Diabetologia.
Dottor Costantino, le statistiche sono eloquenti: come si può intervenire?
Dobbiamo lavorare molto in termini di prevenzione, che assume un ruolo decisivo. È oramai dimostrato il beneficio in termini di riduzione di eventi, fatali e non fatali, derivante dall’impiego delle misure di prevenzione finalizzate al trattamento dei singoli fattori di rischio cardiovascolare.
Quali sono i principali?
Glicemia, colesterolo, ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta. Attraverso il controllo di questi fattori di rischio coronarici è possibile ottenere risultati di rilievo: i dati ci dicono che negli ultimi 25 anni abbiamo dimezzato la mortalità derivante da malattie cardiovascolari, anche se i numeri assoluti restano troppo elevati e va fatto ancora di più.
È cambiato anche il tipo di approccio? I progressi della tecnologia quanto hanno inciso?
È migliorato moltissimo l’approccio all’infarto miocardiaco acuto. Fino al 2000, si interveniva con un farmaco, il trombolitico, che non era in grado di garantire risultati certi, ma che risultava efficace solo nel 50, 60% dei casi. Negli ultimi 25 anni il ricorso all’angioplastica ha cambiato le prospettive e ha fatto la differenza. Quindi si, è evidente che la tecnologia ha assunto un ruolo sempre più significativo.
Che cosa si intende, concretamente, per angioplastica?
È una metodica utilizzata in ambito cardiologico per dilatare un restringimento (stenosi) coronarico che riduce il flusso del sangue al cuore, mediante uno o più gonfiaggi di un catetere a palloncino. Spesso si associa all’impianto di uno stent, una protesi metalica, contente un farmaco, che mantiene il vaso aperto.
Tra la popolazione c’è una percezione sufficiente di quanto sia importante il tema legato alle patologie cardiovascolari?
La percezione è in costante aumento, ma bisogna ancora completare questo percorso virtuoso. Serve sempre più attenzione allo stile di vita, all’alimentazione, al controllo dei fattori di rischio. Sono stati fatti progressi, ne vanno aggiunti altri.
Alla luce delle sue considerazioni, quanto è importante avere un approccio sistemico?
È determinante. Per una corretta prevenzione a livello cardiovascolare, serve un approccio globale, integrato. È il vero fattore in grado di spostare gli equilibri.
A che età dovremmo iniziare a controllarci? Esiste un riferimento?
Fin da giovani. Recenti studi americani indicano che episodi di aterosclerosi compaiono già da bambini e non vanno certo sottovaluti. Ripeto, avere uno stile di vita sano è molto importante e bisogna cominciare presto ad occuparsene.
Quando si parla di aterosclerosi, a che cosa si fa riferimento?
L’aterosclerosi è il fenomeno di indurimento delle arterie di medio e grosso calibro, che induce nel tempo, sulla parete interna dei vasi arteriosi appena citati, la formazione di ateromi. Conosciuti anche come placche aterosclerotiche, gli ateromi sono aggregati di materiale lipidico (soprattutto colesterolo), proteico e fibroso che, per la posizione occupata, risultano di ostacolo al normale flusso sanguigno all’interno delle arterie.
C’è un episodio, legato alla sua esperienza lavorativa, che le è rimasto particolarmente impresso?
Negli anni in cui ho lavorato in ospedale, ricordo che si presentò un paziente in arresto cardiaco nel corridoio del reparto. Trasportato d’urgenza in unità coronarica, andò in arresto per ben 13 volte. L’indagine della malattia coronarica evidenziò la presenza di una piccola placca sulla coronaria destra, a testimonianza del fatto che anche un problema apparentemente banale può avere conseguenze molto gravi.
E poi, com’è andata?
Siamo riusciti a salvarlo. Il fatto che questo episodio si sia verificato in un ambiente protetto ha fatto la differenza.