I primi tempi dell’Azione Cattolica a Valenza
Un nuovo approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Nel 1905, dalla Società della Gioventù Cattolica, nata negli anni 1867-1868, il papa promuove la nascita di una nuova organizzazione laicale cattolica: l’Azione Cattolica.
In questi anni, a Valenza i cattolici sono numerosi fra i contadini e intervengono sempre più nelle rivendicazioni sociali, accettando, di fatto, l’ordinamento vigente e tentando di dare corpo a leghe di resistenza bianche, simili a quelle organizzate dai socialisti, in un caos dove è facile trovare un disaccordo su tutto.
Nei primi anni del Partito Democratico Cristiano (1901-1905), nato sotto l’influenza delle dottrine murrine e durato solo pochi anni, la curia alessandrina produce un’opposizione risoluta, lasciando poco spazio alla nascente organizzazione partitica dei cattolici, composta da diversi giovani. Per molti di loro, invasi dai distinguo e più occupati a livello confessionale, è incerto se la politicizzazione sia un premio o una punizione.
È ormai evidente che le attività promosse da poco all’oratorio non possano limitarsi alle sole attività ricreative e che sia necessaria più che mai la difesa della civiltà cristiana, dell’identità religiosa del sacro, dei simboli e della sua tradizione. Nel 1908, Giuseppe Pagella, parroco di Valenza dal 1896, crea un sodalizio sportivo all’oratorio Pio X di Valenza, che, richiamandosi all’antico e incerto nome latino di Valenza “Forum Fulvii Valentinum”, in seguito contraddetto, viene denominato “Società Ginnastica Cattolica Fulvius” e, il 19 gennaio 1912, fonda il circolo giovanile dell’Azione Cattolica, denominato “Circolo Cattolico Pio X”, nello stesso oratorio.
Monsignor Giuseppe Pagella (1865-1925) proviene da Lobbi ed è stato rettore dell’ospedale civile di Alessandria. Moderno, d’elevata cultura teologica e sociale, è uno dei primi promotori degli oratori giovanili. Parroco del duomo valenzano, ha la santa ambizione che Valenza sia all’avanguardia, quasi l’espressione rigorosa di un altro mondo e di un altro secolo. Per nulla timoroso, getta anche i primi postulati per un’azione politica locale dei cattolici, quasi anticipando il nuovo clima creato dal patto Gentiloni nelle elezioni del 1913. Nessuno ha lasciato l’impronta che ha lasciato lui nell’organizzazione dei cattolici valenzani.
La forza del gruppo valenzano dell’A.C. si manifesta nel gennaio del 1915, quando il dirigente valenzano Alfredo Cellerino viene eletto presidente del consiglio diocesano, sostituendosi al prestigioso avvocato Carlo Torriani. Il consiglio diocesano è l’espressione dell’Azione Cattolica di ogni singola diocesi, è l’organo i cui membri sono eletti in sede di assemblea dai delegati parrocchiali e dai rappresentanti delle diverse realtà territoriali della diocesi.
Dopo la fine della guerra, per cattolici e socialcomunisti è impossibile darsi la mano e, dietro agli schiaffi e ai colpi bassi, anche a Valenza si avverte un terribile vuoto che ben presto sarà perfidamente riempito da altri in modo arrogante e violento.
In questi anni, sono di rilievo i corsi provinciali di cultura cattolica per propagandisti che si tengono all’oratorio valenzano. Tra i primi cattolici valenzani impegnati, spesso osteggiati senza ragione, spiccano i seguenti nomi: Carlo Barberis, candidato che ha difeso le ragioni del gruppo nelle ultime libere elezioni; Pietro Staurino, vice presidente diocesano nel 1921, l’esponente più significativo del cattolicesimo impegnato; Giuseppe Manfredi, un insegnante guida dottrinale del gruppo, che, con molta abilità, usa un linguaggio antropologico più che dogmatico nei cenacoli di cultura; Luigi Manfredi, personaggio costante e coerente nel lungo impegno soprattutto come risorsa identitaria locale ed etica; Luigi Lombardi, presidente diocesano dell’A.C. giovanile dal 1922, con il vescovo Giosuè Signori, impegnato in particolar modo nella riorganizzazione dell’A.C. e dal 16 luglio del 1922 con il vescovo Nicolao Milone.
Memorabile è il congresso eucaristico tenutosi a Valenza nel luglio del 1923, ma anche tanti convegni laicali, dibattiti coraggiosi e, talvolta, scontri tra persone culturalmente distanti tra di loro. È una comunità religiosa impensabile ai giorni nostri. Di un certo rilievo sono le settimane sociali, ma anche le conferenze tenute sempre nel salone dell’oratorio, con vibranti discussioni anche insieme a esponenti socialisti e comunisti poco aperti al credo, coltivando sempre un rapporto autentico con Dio, nutrito dalla preghiera e dall’assidua partecipazione ai sacramenti.
Ben presto, però, i fascisti se la prenderanno anche con i popolari e l’azione cattolica sarà considerata da loro una pericolosa concorrente nella formazione della gioventù. Il regime, però, non trova tentennamenti nell’A.C. valenzana, il cui spirito e i cui scopi sono in netto contrasto con esso. Con anima, tempo e cuore, Luigi Manfredi e Luigi Deambroggi portano avanti l’associazione e i suoi postulati religiosi e morali, rischiando nel privato; sono sempre sulla graticola, quasi imbavagliati, e subiscono anche alcune carezze miserevoli dalle sciagurate camicie nere.
Intanto, a monsignor Pagella è succeduto il vice parroco don Giovanni Grassi, che non sarà da meno nel sostegno e nella difesa dell’associazione valenzana. Monsignor Giovanni Grassi (1880-1966), appartenente a una famiglia di Castellazzo Bormida, sarà uno di straordinario prevosto locale. Autorevole e tutt’altro che isolazionista, durante la guerra parteciperà attivamente a salvare e a sostenere chi si troverà in difficoltà, coprendosi di gloria in nome della libertà.
Durante il periodo fascista, l’Azione Cattolica è l’unica realtà che possiede la legittimità di operare in maniera più o meno autonoma. Già nel 1919 si registrano violenze squadriste contro circoli ed esponenti cattolici, che danno vita a un clima di intimidazione che prosegue fino al 1924. Nel 1928, poi, il governo fascista scioglie le organizzazioni scoutistiche cattoliche, ritenendole incompatibili con l’Opera Balilla. I rapporti tra Chiesa e fascismo sembrano farsi idilliaci nel 1929, con la firma del Concordato, ma, già con l’inizio del 1930, i contrasti si riaccendono sulla questione dell’educazione dei giovani, che Mussolini vorrebbe affidata tutta allo Stato, mentre papa Pio XI rivendica il diritto di educare della Chiesa contro il preteso monopolio statale.
Nel 1931 arriva la legnata più dolorosa: Mussolini ordina la chiusura dei circoli dell’A.C. La notte tra il 29 e il 30 maggio 1931, polizia e carabinieri sono mobilitati in tutta Italia per serrarli. A Valenza, con modi bruschi e sbrigativi, fuori dall’orbita del buon senso, il presidente Luigi Deambroggi viene comandato alla chiusura immediata del circolo cattolico dell’oratorio, con consegna e relative diffide ad effetto straniante, senza rispetto per il sentimento religioso della comunità così lacerata e dei credenti valenzani, proprio mentre commemorano il XV centenario mariano del Concilio di Efeso e il venticinquesimo degli oratori. Emerge in tutti una tristezza infinita, preme anche la voglia di ribellarsi a questa sorte di rito discriminatorio a cui è obbligatorio uniformarsi. Qualcuno mette anche in guardia circa la pericolosità del bolscevismo e la minaccia da esso rappresentato, in quanto opposto a una civiltà umanistica e cristiana.
Luigi Deambroggi (1909-1984) è un cattolico completo, formato alla scuola dell’A.C., un uomo di preghiera, di azione e di sacrificio, ingombrante per il regime. Sarà uno dei fondatori della DC valenzana.
Sono stati tanti gli esponenti del movimento cattolico valenzano, volontari di carità che avevano le virtù del servizio e dell’umiltà; una squadra che operava all’insegna dell’unità, poco glorificata, contestata e sbeffeggiata ma mai rimasta con le mani in mano. Tra questi, ricordiamo Giuseppe Bonelli, Adelina Stanchi ed Erminia Testera, che, attraverso la propria azione, sono stati dei giganti nel contesto sociale del momento, persone per bene e benpensanti che con la giusta umiltà hanno esaltato i valori della solidarietà e della fratellanza.
Oggi, a un secolo di distanza, viene il dubbio, visto come vanno le cose, soprattutto per quanto concerne i principi morali cristiani sempre più vessati e la nostra crescente insipienza sociale, che tutto quello che è stato fatto e subito da quei cattolici per la comunità valenzana sia stato forse una colossale inutile sofferenza e perdita di tempo.