I primi anni Ottanta a Valenza
Un nuovo approfondimento sulla storia della Città del Gioiello
VALENZA – Nei primi anni Ottanta, in Italia trionfano il pentapartito e la lottizzazione, spesso condita di tangenti. Nel mondo occidentale si sta affermando un neoliberismo conservatore che si affida al mercato e alla concorrenza per rilanciare la crescita. Tra la gente comune, sta cadendo il principio secondo il quale tutto nella vita è riconducibile alla politica, ossia all’ideologia. Si sta spalancando un varco nella vita individuale e privata, con un carico di brezza spensierata, di consumi e di piaceri. In Italia, questo dettato è preso troppo alla lettera e, nello spazio di pochi anni, si raddoppierà il debito pubblico, dispensando soldi, che non ci sono, a destra e a manca.
Per i valenzani, la maggior parte del tempo libero comincia a essere trascorso in casa davanti al televisore; le eccezioni sono qualche puntata al cinema, qualche passeggiata o la partita della domenica. Dopo le 21, per le strade di Valenza si notano solo rari passanti e, in certe sere, pare ci sia il coprifuoco.
Parafrasando Flaiano, nella politica locale si può affermare che la situazione sia grave ma non seria. Non ci sono più i comunisti di una volta e il partito, che è sempre stato una maggioranza locale abituata all’ossequio, si glorifica troppo del passato, perdendo di vista il futuro. Nascono diversi dissidi tra il PSI, da sempre allineato ma che ora se la prende un po’con tutti e non ha più intenzione di fare il gregario, e il PCI; ormai i rapporti tra i due partiti, che governano da molto tempo la città in uno status d’intangibilità, con generose dosi di demagogia e con qualche duello più propagandistico che di merito, non sono più idillici. Il matrimonio è logoro, con molti bassi e pochissimi alti, e la situazione nazionale non aiuta. Di là delle molte prove di riconciliazione, l’amen verrà recitato nei prossimi anni, passati ingloriosamente fra polemiche.
Ormai Valenza, navigata finora quasi in uno stato di sbronza, vive solo di oreficeria, in crisi strisciante da alcuni anni, e il terziario, composto di commercianti e impiegati, gravita esclusivamente attorno a essa. Questi costituiscono elementi di grande pericolosità, poiché non vi sono sbocchi lavorativi per i giovani. Sono momenti poco ruggenti, con un degrado spicciolo poco percepito dalla politica locale, e un po’ ci si illude che, facendo finta di niente, la malattia scompaia.
Da una ricerca fatta a Valenza nel 1980, risultano addirittura 30 tossicomani accertati, 350 fumatori di hashish e 150 consumatori che assumono farmaci contenenti prodotti stupefacenti. Una situazione decisamente rischiosa, affrontata con troppa superficialità e cinismo, con operazioni più di facciata che di sostanza.
La vita si sta frammentando, ciascuno tende a diventare tutto il suo stesso mondo, un unico solitario, vittima della solitudine.
Anche a Valenza sono in maggioranza le donne, che rappresentano per il 52% della popolazione complessiva, con un’età media che va sbilanciandosi verso la senilità. Quanto allo stato civile, abbiamo più celibi che nubili, molte più vedove che vedovi – i vedovi sono meno di 300, le vedove circa 1.700 – e i divorziati sono un centinaio. Alcune donne sono già appassionate del potere ma molte servono ancora per pulire la casa, cucinare e mettere al mondo bambini.
La presenza alla messa è in calo continuo e vede soprattutto coinvolta solo la popolazione anziana.
Comune di Valenza 1981
La scuola è diventata una zona esterna imbizzarrita della società e non il laboratorio fondamentale del futuro. I genitori sono sempre più sindacalisti dei figli. Tra gli abitanti di Valenza, i laureati sono circa 300, i diplomati 2.000 e gli abitanti in possesso di licenza di scuola media inferiore sono quasi 6.000. Piuttosto contenuto è il numero di analfabeti, circa 200. Abbiamo circa 9.000 occupati, 300 disoccupati iscritti ma non reali e circa 400 in cerca di occupazione.
Nel censimento del 1981 nel ramo d’attività economica classe 49 “Industrie manifatturiere diverse”, che comprende l’oreficeria, a Valenza compaiono 1.224 unità locali con 5.805 addetti, di cui 1.173 unità locali artigiane con 5.322 addetti. L’artigiano orafo valenzano – un proprietario dei mezzi di produzione, ma anche un lavoratore per conto di terzi – rimane ora in una posizione poco chiara e definita, dalla quale ricava preoccupazioni, incertezze e responsabilità fiscali, contributive e giuridiche; si avvale sovente dell’evasione fiscale come mezzo indispensabile alla sopravvivenza. Nell’oreficeria, immersa in un quadro di preoccupante stagnazione, emergono drammaticamente problemi di mantenimento dell’occupazione. Valenza, meno svantaggiata di altri centri orafi in quanto il crescente valore dell’oro è una componente importante del costo del proprio prodotto ma non la principale, si pone il problema di impedire una possibile fuga di manodopera qualificata, e l’impresa artigiana, che non può fruire della cassa integrazione, è sollecitata dalle forze rappresentanti la categoria a serrare i denti in attesa di una schiarita. Il renaissance, con l’innovazione tecnologica, riserverà profonde innovazioni.
Ancora più drammatica e del tutto indecifrabile è la crisi nel compartimento di pelle, cuoio e calzature, un settore locale, Infilzato a ripetizione, ormai condannato alla marginalità. Le pochissime aziende rimaste sono le superstiti di una spietata selezione quasi naturale.
Gli imprenditori dell’oreficeria sono per il 60% di origine operaia e il 70% gestisce ancora un’impresa di tipo familiare; quasi la metà delle aziende è sorta negli anni Sessanta. In questo periodo si produce un’elevata natalità e mortalità delle imprese. Uno stato di incertezza crescente per la manifesta incapacità di molti a muoversi con competenza.
Alla Mostra del Gioiello Valenzano dell’11-15 ottobre 1980, rassegna nata nel 1978 dall’AOV, per esaudire le richieste dei nuovi espositori e con logiche di opportunismo commerciale, si installano tre padiglioni a tendoni tensostatici in piazza Macchiavelli, per un totale di quasi 6.000 metri quadrati di esposizione; poi, nel 1981, sono quattro, in piazza Giovanni XXIII. Restano pressoché inalterate le caratteristiche della manifestazione, che, come nelle precedenti edizioni, sarà aperta ai soli operatori del ramo. Ma per diversi operatori valenzani questa mostra è solo un miraggio che lascia delusi e scontenti, un mezzo tra i tanti che non è poi così utile in un’organizzazione aziendale come quella valenzana, non troppo adeguata a certi tipi di commercializzazioni.
Nel 1980, oltre ai rigogliosi piani di attuazione delle tre aree produttive – la D2 (orafa), la D3 (artigianale) e la D4 (industriale) – esistono due PEEP, acronimo che sta per “piano edilizia economica popolare”. L’uno, di 51.800 metri quadrati per la regione Faiteria; l’altro, di 304.000 metri quadrati, destinato a diventare un paese autonomo al margine ovest della città in regione Fogliabella. Ma, pur non esistendo ancora l’ubriacatura verde, un certo furore ideologico e micidiali fantasie di onnipotenza hanno cancellato spesso un certo buon senso nella pianificazione.
La quota di terziario di Valenza, pari al 30%, è alquanto al di sotto della media provinciale e sotto lo standard di città della sua dimensione, segno che per i servizi si fa capo al capoluogo provinciale in misura di rilievo.
Localmente, la piccola bottega sembra destinata a finire sull’album dei ricordi. In più, chi viene a lavorare a Valenza non acquista in città: ricevono denaro, ma non lasciano quasi nulla.
La concentrazione della domanda di preziosi ha creato anche i presupposti per la nascita di molti negozi di oreficeria in loco, sintomo di una febbre e di una trasformazione del sistema distributivo che cerca sfoghi compensativi nella vendita diretta al consumatore finale del prodotto. I negozi di preziosi sono sempre di più, hanno sloggiato salumieri, panettieri, verdurai con buonuscita di tanti milioni, e si avvicineranno al centinaio nei prossimi anni. Sono molti i non residenti che nel fine settimana invadono le vie di questa città alla ricerca di tesori a prezzi stracciati.
Attività a Valenza nel 1982
Sono queste le principali attività registrate in città nel 1982: produzione orafa, 1.208 aziende e 5.734 addetti, commercio orafo, 333 aziende e 966 addetti, produzione calzature, 27 aziende e 550 addetti , edilizia 57 aziende e 182 addetti, ospedale una azienda e 167 addetti, Comune, una azienda e 130 addetti, parrucchieri 76 aziende e 126 addetti, autofficine, 23 aziende e 122 addetti, bar 42 aziende e 125 addetti, negozi alimentari, 42 aziende e 125 addetti, laterizi 2 aziende e 74 addetti, studi comm. di consulenza,18 con 80 addetti.
Nei primi anni Ottanta il principale dilemma d’ordine sanitario per Valenza, è la proposta di chiusura dell’ospedale cittadino, poiché il nosocomio non è più considerato necessario. Sarà una via crucis con enormi affanni che proseguirà sino a tempi più recenti, senza successo. Una partita diventata tristemente comica, sembrerà il gioco del via avanti tu che a me vien da ridere.