Il “caro” caro vita di Alessandria, seconda in Italia
In poche settimane la nostra provincia ha scalato la classifica guadagnando otto posizioni: ogni famiglia dovrà tirare fuori 644 euro in più
ALESSANDRIA – L’Istat ha pubblicato i dati definitivi sull’inflazione nei dodici mesi terminanti a ottobre, con riferimento sia alla media italiana sia ai 78 capoluoghi di provincia che partecipano alle rilevazioni dell’indice generale dei prezzi al consumo.
L’analisi
Diventa quindi possibile aggiornare la classifica, tradizionalmente elaborata dall’Unione Nazionale Consumatori (UNC), sulle città italiane “più care”, con ciò intendendo le città per le quali è più elevato l’incremento annuale di spesa per consumi che una famiglia media deve sostenere sulla base dell’inflazione sperimentata nel periodo in esame. Al riguardo, la tabella (che pubblichiamo qui sotto) riporta la graduatoria delle 10 città italiane più care, insieme alla posizione occupata dai capoluoghi di provincia piemontesi considerati dall’Istat.
Preliminarmente vale la pena di osservare che, nella media italiana, la crescita dei prezzi a ottobre su base tendenziale annuale si è collocata all’1,7%, con una riduzione di ben 3,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di oltre 4 punti rispetto alla scorsa estate. Tale diminuzione è peraltro l’effetto statistico del forte calo dei prezzi dei beni energetici nell’ottobre di quest’anno, rispetto al massimo raggiunto proprio nell’ottobre di un anno fa.
Una nuova realtà
La classifica risultante dai nuovi dati appare completamente cambiata rispetto a tre mesi fa. La città più cara risulta ora essere Milano, con un’inflazione al 2,5% e un rincaro medio annuo per famiglia di 679 euro, ma il dato più appariscente è il balzo compiuto da Alessandria, che si va a collocare al secondo posto in classifica, con un tasso di inflazione al 2,9% e un incremento di spesa famigliare di 644 euro.
Vale forse la pena di osservare che la spesa aggiuntiva di Milano è più alta di quella di Alessandria, nonostante l’inflazione sia lievemente più bassa, perché l’esborso complessivo annuo per consumi delle famiglie milanesi (circa 27mila euro) è più elevato di quello degli alessandrini (intorno ai 22mila euro). Inoltre a ottobre Alessandria risulta anche essere la provincia con tasso di inflazione più elevato in Italia dopo Benevento, che la supera di soli 2 decimi di punto. Al terzo posto in classifica sale la provincia autonoma di Bolzano, con un balzo di ben 20 posizioni rispetto all’estate.
Avanzano molto in classifica anche Pisa e Venezia, rispettivamente al 4° e 5° posto, con incrementi rispettivi di 17 e 9 posizioni. Tra le province del Sud in alta classifica, infine, si segnala l’ingresso di Benevento, in ottava posizione, con un incremento di ben 26 posti.
Il trend del Piemonte
Come Alessandria, anche le altre province piemontesi, con l’eccezione di Torino, peggiorano nettamente la loro posizione nella graduatoria: Cuneo sale di ben 23 posti, dal 37° al 14°, con un’inflazione al 2,3%, Torino scende di 5 posti, dal 15° al 20°, con un’inflazione al 2,1%, Novara sale di ben 16 posizioni, dal 42° al 26° posto (inflazione anche qui al 2,1%), Vercelli avanza di 8 posizioni, dal 58° al 50° posto (con un’inflazione però all’1,5%), e infine Biella sale di 2 posizioni, dal 55° al 53° posto (con l’inflazione più bassa del Piemonte all’1,4%).
Con riferimento alla classifica delle regioni “più care”, il Piemonte occupa ora la sesta posizione, in calo di un posto rispetto a luglio, con un’inflazione al 2,1% e un incremento medio di spesa famigliare di 458 euro; la regione più cara è ora la Valle d’Aosta, che scalza la Liguria, avanzando di ben 9 posti rispetto all’estate scorsa, con un rincaro di 569 euro. Sul podio, dopo la Vallée, l’Umbria e la Lombardia, con aumenti di spesa rispettivamente pari a 542 e 520 euro.
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Cambio anche in coda
Per completezza di analisi vale la pena di osservare che la classifica delle città più care d’Italia è cambiata notevolmente anche nella parte bassa, dove ora non troviamo più le città lucane o calabre protagoniste a luglio (Potenza, Catanzaro e Reggio Calabria), ma piuttosto, accanto a Trapani, Pescara e Campobasso, con tassi di inflazione bassissimi (rispettivamente 0,2, 0,3 e 0,4%), anche città emiliane come Reggio Emilia e Parma, con tassi di inflazione rispettivi dello 0,3% e 0,5%, e quindi rincari di spesa assai limitati (72 e 121 euro aggiuntivi annui, a fronte di una media italiana di 369 euro).
È interessante infine rilevare come la maggiore inflazione alessandrina, rispetto tanto alla media nazionale (1,2 punti percentuali in più) quanto a quella regionale (0,8 punti in più) è conseguenza soprattutto delle diverse dinamiche di prezzo di tre capitoli di spesa:
- abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili;
- servizi ricettivi e di ristorazione;
- ricreazione, spettacoli e cultura.
Nel primo caso la riduzione di prezzo provinciale, rispetto a ottobre 2022, è stata pari “solo” al 12,2%, contro il 14% regionale e il 17,5% nazionale; nel secondo caso l’incremento provinciale di prezzo è stato dell’8,7% contro un 4,4% regionale e un 6,2% medio nazionale; nell’ultimo caso, infine, l’aumento di prezzo alessandrino è stato del 4,9%, contro valori corrispondenti del 4,5% e del 3,2%. Un discorso analogo potrebbe essere fatto per i prodotti alimentari, aumentati del 7,6% in provincia, contro il 6,5% regionale e nazionale.