Casa di comunità: impasse evidente e poche certezze
Il nuovo servizio territoriale per la sanità da realizzare all'ospedale vecchio
Ritardi locali e tagli nazionali
OVADA – In linea di principio una mancata comunicazione dovrebbe significare che gli accordi presi sono ancora in essere. Sembra però tutto fermo per quanto riguarda la costituzione della “Casa di comunità” all’interno del Sant’Antonio di Ovada. Un impasse ancora più preoccupante se si considerano le notizie riportate negli ultimi giorni di tagli pesanti delle risorse in arrivo dal Pnrr e dedicate allo sviluppo della sanità territoriale. La scure calerebbe proprio sulle strutture in evidente ritardo rispetto ai tempi indicati nel 2026.
Problemi complessi
Il piano da poco varato dal Governo prevede un calo delle “Case di comunità” da da 1.350 a 936. Per gli ospedali di comunità si passa da 400 a 304 su tutto il territorio nazionale. Una Casa di comunità dovrebbe essere nelle intenzioni il luogo deputato a integrare politiche sanitarie di territorio e interventi a carattere sociale. Se l’accordo sembrava fatto qualche anno fa, l’Asl Al rimise tutto in discussione indicato nell’edificio oggi occupato dall’Ospedale Civile lo spazio per Ovada. A sconfessare questa linea fu lo stesso assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi. Ma da quel giorno nessun progresso è stato fatto. Nel frattempo non convince il piano “B” individuato dallo stesso Governo: le risorse supplementari dovrebbero arrivare fondo di coesione, ma soprattutto con i 10 miliardi mai spesi per l’edilizia sanitaria, risorse stanziate addirittura nel 1988 ma rimaste sempre bloccate. Il vero nodo non è tanto l’aspetto edilizio quanto riempire di contenuti queste strutture. L’evidente difficoltà in termini di personale vissuta dall’Asl rappresenta più di un punto interrogativo. Ne è un esempio l’ospedale di comunità avviato nel 2019 al secondo piano di via Ruffini. Formalmente non è depennato, in realtà rimane chiuso, almeno ufficialmente, proprio per la carenza di medici e infermieri.