Soccorso 118, provincia in sofferenza, la città non fa eccezione
La carenza di medici sul territorio ha già prodotto casi di notti scoperte
La nuova crisi che riguarda tutta la sanità regionale
OVADA – Non c’è evidentemente pace per la sanità della nostra Regione. Rischia di generare un vero e proprio terremoto lo stop imposto all’utilizzo dei medici del 118 per la copertura (su somministrazione del gettone) dei turni del Pronto Soccorso. Una crisi specifica, che va a innestarsi nello scenario più complesso della cronica mancanza di medici già raccontata su queste pagine nelle scorse settimane. Per dire di quanto la coperta sia corta: demedicalizzare le ambulanze aveva rappresentato la soluzione adottata dall’azienda ospedaliera cui fa capo la centrale operativa per assicurare il servizio del 118 in tutta la Provincia. Se non si troverà un’alternativa adeguata entro la fine del mese in corso le conseguenze potrebbero essere importanti. In una difficoltà generale di questo tipo, la condizione del Pronto Soccorso cittadino, già riaperto su responsabilità del reparto di Medicina dell’Ospedale Civile come soluzione di compromesso adottata dopo l’emergenza Covid – 19, appare particolarmente fragile e in bilico.
Soccorso 118, provincia in sofferenza, la città non fa eccezione
La carenza di medici sul territorio ha già prodotto casi di notti scoperte
Posizione ferma
Lo scorso 17 aprile, l’assessorato alla Sanità della Regione guidato da Luigi Icardi, ha ottenuto l’approvazione di una delibera sotto il titolo di “Primi indirizzi per la regolamentazione dei rapporti tra l’Azienda Sanitaria Zero e le aziende sanitarie regionali per la funzione di emergenza sanitaria extraospedaliera”. Di fatto il sistema 118 è stato ridisegnato prevedendo per i medici la possibilità che lavorino nei Pronto Soccorso senza il coinvolgimento delle cooperative. Ad oggi non esiste una convenzione tra l’Azienda Ospedaliera di Alessandria e 118 per una soluzione alternative senza il ricorso alle cooperative stesse. Da qui la gravità della situazione. «Monitoriamo ciò che accade ogni giorno – chiarisce il sindaco di Ovada, Paolo Lantero – e sto spingendo perché tutti i miei colleghi dei centri zona facciano lo stesso. Abbiamo ricevuto la bozza della soluzione che si potrebbe adottare e non ci nascondiamo la presenza di forti criticità. Quello che dev’essere chiaro è che la scelta di penalizzare i centri più piccoli non è accettabile e siamo pronti a muoverci per tutelare la comunità». Parole pronunciate in forza di una delibera, la 1-600 approvata dalla Giunta all’epoca guidata da Sergio Chiamparino per la riorganizzazione della rete ospedaliera secondo gli standard imposti dalla legge che impose la presenza di un Pronto Soccorso per un’area disagiata, provvedimento da sempre mal digerito dai vertici sanitari.
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Emorragia inarrestabile
Secondo i dati disponibili alla fine del mese di maggio il 118 avrà effettuato 14 turni nell’ospedale di Ovada. Altri 20 saranno effettuati ad Acqui, 8 a Novi. Solo questi numeri portano a capire quale voragine si aprirebbe senza una soluzione funzionale. Ma tutta la nostra Regione vive una condizione di grande sofferenza alla quale è difficile dare una risposta, specie nelle aree di confine dove i “gettonisti” sono più richiesti per le prestazioni che possono offrire. «Una realtà come Ovada – prosegue Lantero – non può essere in alcun modo penalizzata. Parliamo di una piccola struttura virtuosa che fornisce prestazioni importanti».
Sottotesto: l’Ovadese ha già fatto la sua parte in termini di tagli e sacrifici, di più non è possibile.
E dire che per la riapertura del Pronto Soccorso, chiuso per reperire risorse professionali nel momento più difficile dell’emergenza sanitaria, furono necessari lunghi mesi di battaglie con la fumata bianca solo a fine luglio 2020. Nel frattempo un altro provvedimento importante è stato preso nel quadro del provvedimento che attribuisce oneri e prerogative ad Azienda zero, il soggetto attraverso il quale la Regione conta di erogare il servizio sanitario nella sua interezza. Dal dispositivo arriverebbe un’apertura alla possibilità che sulle ambulanze salgano anche medici specializzandi e tirocinanti. Il fenomeno della fuga dei medici dagli ospedali riguarda tutto il Paese: turni massacranti e scarse retribuzioni le due ragioni principali in un quadro che negli ultimi due anni si è aggravato esponenzialmente. «Un flusso inarrestabile», denunciano i vertici di Anaao Assomed.