La negoziazione di un contratto internazionale e gli accordi precontrattuali – Parte 1
Quando ci si appresta a concludere un affare in un contesto “internazionale”, salvo rari casi, la controparte non sarà quasi mai disponibile ad accettare integralmente le condizioni contrattuali ad essa proposte. Conseguentemente, si renderà di regola necessaria una fase di trattative per negoziare un testo contrattuale condiviso, che tenga in giusta considerazione le esigenze di ciascuno dei soggetti coinvolti nell’affare.
Gli accordi precontrattuali, quali lettere di intenti e gentleman agreements e gli altri accordi di segretezza (c.d. “non disclosure agreement”) hanno lo scopo di regolare la fase delle trattative con il partner prima del perfezionamento del contratto “finale”.
Le trattative precontrattuali
Per prima cosa, si deve abbandonare fin da subito l’idea che quando si negozia con una controparte “più forte” da un punto di vista contrattuale, si debba necessariamente accettare passivamente le imposizioni di quest’ultima. Il più delle volte, infatti, le proposte iniziali del potenziale partner saranno più rigide proprio per lasciare spazio ad un margine di trattativa; non si deve poi mai dare per scontata la propria forza contrattuale agli occhi della controparte.
In questa fase di trattative precontrattuali è necessario fare molta attenzione agli obblighi che occorre osservare per evitare di incorrere nella cosiddetta responsabilità precontrattuale, in caso di fallimento del negoziato. In questo contesto possono sorgere le prime problematiche, legate all’appartenenza delle parti coinvolte nella negoziazione del contratto ad ordinamenti giuridici diversi.
Infatti, la disciplina dei Paesi cosiddetti di common law, è ispirata alla massima libertà di azione nella fase delle trattative precontrattuali al contrario della disciplina dei Paesi di civil law (ai quali appartiene l’Italia) in cui i contraenti sono tenuti già in questa fase a rispettare una condotta conforme ai principi della buona fede.
Ad esempio, secondo l’ordinamento italiano, una parte che interrompe le trattative in mala fede, dopo aver fatto insorgere nella controparte una ragionevole aspettativa che avrebbe concluso il contratto, ovvero che porta avanti trattative parallele con un altro soggetto, può incorrere in una responsabilità per danni, diversamente da quanto avverrebbe in un Paese anglosassone.
Documenti scambiati nella fase delle trattative
Per evitare di incorrere in questo genere di responsabilità, è quindi consigliabile individuare, quanto più dettagliatamente possibile, il momento in cui si passa dalla fase della trattativa alla conclusione del contratto vero e proprio. Nel corso delle trattative precontrattuali è molto diffusa la prassi internazionale di redigere uno o più documenti intermedi mediante i quali le parti esprimono la loro intenzione di non assumere impegni vincolanti, chiamati letter of intent, memorandum of understanding, heads of agreement e simili, nella fase delle trattative precontrattuali.
Questi documenti regolano situazioni assai differenti tra loro ma ciò che li accomuna è l’intenzione delle parti di non impegnarsi, o comunque lasciare spazio a margini di incertezza circa l’effetto vincolante del loro accordo.
Se le trattative falliscono prima della firma del contratto occorrerà verificare se tali documenti possono già essere considerati come vincolanti per le parti, configurando quindi l’esistenza di un vero e proprio contratto, oppure se attengano ancora alla fase precontrattuale, dando luogo ad una responsabilità per violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative.