Social o Dis-Social?
La settimana scorsa ho avuto la possibilità di confrontarmi con la Dott.ssa Anna Emanuela Sacchetto, Social Media Manager alessandrina, sul tema dei limiti e delle opportunità delle nuove tecnologie.
Da questo incontro/confronto è scaturito questo articolo, realizzato a “quattro mani”.
Ciò che mi piacerebbe capire con Anna è come la tecnologia possa essere utilizzata in modo produttivo e proficuo, anche perché, negli ultimi anni, a fronte degli importanti effetti negativi che impattano sulla salute mentale e che gli esperti stanno evidenziando in crescente aumento troviamo un preoccupante elenco di sintomi associati ad un abuso della stessa.
Depressione, ansia, insonnia, isolamento sociale, stress cronico, molestie, incitamento al suicidio, cyberstalking, delinquenza, fino ai disturbi del comportamento alimentare, sovraccarico di informazioni e mancanza di sicurezza online, nonché dipendenza. L’elenco sarebbe ancora lungo. A proposito di abusi di strumenti tecnologici, vorrei sapere come vedi il rapporto con lo smartphone, accessibile oggi h24…
Proprio per l’accessibilità ad ogni ora del giorno e per lo strumento letteralmente sempre a portata di mano, è diventato molto difficile darsi un limite. Si tratta di un circolo vizioso, spiegato molto accuratamente nel documentario “The Social Dilemma” che si basa sul continuo bisogno di ricevere e dare attenzioni in un loop continuo che si basa molto sullo schema mentale delle slot machine: il cosiddetto “scroll” fa leva proprio su questo, lo scorrimento di contenuti senza fine per appagare la propria sete di novità e di “like”.
È questo in sostanza il principio dell’algoritmo: mantenere attivi il più possibile gli utenti sulla piattaforma al solo scopo di monetizzare e dato che i contenuti visivi hanno maggior appeal sia in termini di tempo a disposizione per elaborare un contenuto grafico – calcolando che la soglia di attenzione ormai è quella di 8 secondi (secondo uno studio di Microsoft) – l’immagine la fa da padrone.
Anna, vorrei anche soffermarmi sul rapporto tra teenager e social media: TikTok per citarne uno, è diventato primo in classifica, utilizzato da 9,8 milioni di iscritti, oggi è tra le principali fonti di intrattenimento dei ragazzi. Cosa ne pensi?
Oggigiorno i social network sono diventati parte integrante delle nostre esistenze: se qualche decennio fa era la televisione a portare e plasmare modelli di vita – limitatamente bisogna aggiungere – oggi grazie a smartphone sempre connessi, abbiamo accesso continuo a una miriade di contenuti, illimitatamente.
Per la generazione cosiddetta “Z” – dei nati cioè tra il 1997 e il 2012 – Tik Tok è considerato una sorta di motore di ricerca, che offre contenuti continuamente facendo scattare un impulso di emulazione e mimesi in colui che ne fruisce. Sappiamo bene quanto l’utilizzo per esempio di filtri ed app consenta di modificare le foto e la propria fisionomia… Diventa possibile costruire una auto-narrazione “falsata” del sé e della propria immagine…
Uno dei rischi della continua connessione allo smartphone – e ai social di conseguenza – è quello della perdita di cognizione della realtà, processo che può accadere soprattutto in soggetti giovani, creando una percezione travisata di quello che è la realtà e di conseguenza la realtà applicata al sé. Continui bombardamenti di immagini “filtrate” e modificate tramite app che stravolgono i connotati, infatti, creano un processo di distorsione della propria figura, troppo vera e quindi troppo “imperfetta” per poter ricevere apprezzamenti virtuali di sconosciuti e amici rischiando di entrare in un vortice di depressione e di dismorfia.
Infatti, lo schermo dello smartphone diventa il nuovo specchio. Pensiamo ai selfie – l’altro svanisce ed il rispecchiamento avviene attraverso il nostro sguardo. Dal rispecchiamento nell’altro al rispecchiamento autoreferenziale, suscettibile di modifiche, migliorie, stravolgimenti della propria immagine… Dal punto di vista psicologico sappiamo che il sé si costruisce fin dai primi mesi di vita nella relazione con le figure primarie, nello sguardo materno e via via si struttura nel tempo ed evolve grazie ai feedback interattivi relazionali e nello scambio di sguardi con l’altro.
Ora, se pubblico una foto falsata per esempio sul mio profilo Instagram, o su Tik Tok appunto, otterrò un feedback virtuale falsato, che sosterrà un identità fittizia e non reale. Da qui per esempio il rifiuto della propria immagine corporea reale e l’ingresso nei disturbi del comportamento alimentare… Il mondo del possibile si sovrappone al mondo immaginario e può addirittura disconfermare il mondo reale. Come possiamo intervenire?
In Norvegia l’11 giugno del 2021 ha bandito attraverso una legge, l’utilizzo di filtri per modificarsi i connotati, salvo che non siano apertamente dichiarati: un buon viatico che è stato seguito anche dalla Gran Bretagna grazie alla campagna #filterdrop proposta dalla influencer – make up artist Sasha Pallari che ha deciso di mostrarsi esattamente com’è: reale.
Penso che proprio gli influencer, coloro che sono eletti ad influenzare le masse tanto da aver creato una nuova figura lavorativa, hanno un compito di estrema importanza: con i loro migliaia di seguaci – calcolando che siano veri/organici e non fake – possono trasmettere dei valori proprio la loro “autorevolezza” nel rapportarsi alle fasce più giovani. Ma oltre alla questione annosa di ciò che è “bello”, ci si inoltra su un’ancora più arduo argomento: ciò che è “vero”.
Non solo la lettura di notizie false ma anche sfide online tra ragazzi con la conseguente condivisione può essere nociva causando molte volte drammatiche conseguenze come istigazione al suicidio (vedi per esempio il caso del fenomeno “Blue Whale” del 2017, uno dei primi casi di manipolazione social) che ha fatto emergere la responsabilità dei genitori e del loro controllo sui contenuti.
Già le piattaforme stesse – Twitter e Facebook in primis – hanno testato delle funzionalità per segnalare le fake news, soprattutto per le notizie che riguardano la politica durante le elezioni e la salute in periodo di Covid. Ma non basta.
È molto importante dal mio punto di vista che ci sia una la regolarizzazione degli accessi, educazione alla privacy e informazione corretta e che l’insegnamento all’utilizzo di questi strumenti, perché di strumenti si tratta, divenga magari trattata come materia scolastica affinchè si possano crescere adulti consapevoli di quello che stanno facendo, con pensiero critico.
In questo scenario cosa possono fare le famiglie, come possono comportarsi i genitori?
Spesso in studio incontro madri e padri inermi difronte ad un fenomeno che sembrano non comprendere. Siamo oltre Facebook, di cui peraltro loro stessi sembrano non poter fare a meno, si tratta di un mondo dove il genitore deve entrare, inoltrarsi per conoscere, per diventare e rimanere l’ancoraggio al reale per i figli. Credo che condividere, comprendere i nuovi linguaggi, essere presenti, discutere, confrontarsi sulle idee, fare rete con gli adulti di riferimento, in sinergia con la scuola, sia la via. La via è sempre la comunicazione, la relazione. Cosa ne pensi?
Molte volte i genitori che dovrebbero fungere da garante per i propri figli sono i primi che hanno desiderio di mettersi in mostra e di condividere la vita famigliare con il mondo in maniera troppo disinvolta. Per questo motivo il Ministero della Giustizia italiano, a maggio 2022, ha predisposto una lista di misure proprio dedicate alla tutela dei minori online: limite di accesso agli utenti di otto, nove e dieci anni con una verifica dell’età da parte di terzi, il diritto all’oblio, controlli sui contratti dei baby influencer, ecc.
Queste, in conclusione, sono solo alcune delle predisposizioni utili per creare un ambiente virtuale e consapevole evitando un uso improprio della rete, per cercare di rendere autonomi ma anche consci dei rischi i ragazzi, proprio come si dovrebbe fare nella realtà, anche perché se la tecnologia non si può fermare è pur vero che è importante sia essa al nostro “servizio” e non la persona a sua “dipendenza”.
Allora bene se utilizziamo la tecnologia consapevolmente ma attenzione a non caderne “schiavi”. Noi adulti, per primi, finita la giornata lavorativa, allontaniamo il cellulare per qualche ora e concentriamoci sulle relazioni “vere”, con mogli, mariti, figli, affetti… perché c’è tanto da dire quando ci guardiamo negli occhi.
Nota
“Guida” scritta da Roberto Alborghetti del 2018 per accompagnare gli “Under 14” nella navigazione web. Tutto quello che occorre sapere per vivere la tecnologia come una grande opportunità e non come un’esperienza che può ostacolare il ben-essere personale.