Nucleare sì o no? Le rinnovabili dimenticate e si continua a non scegliere
In questa torrida estate il dibattito su energia e clima si è arroventato ancora di più, dopo le aperture di Matteo Salvini o dell’assessore regionale ligure all’energia Andrea Benveduti per costruire centrali in Lombardia e Liguria, o le dichiarazioni di Forza Italia per voce di Tajani sull’uso in generale del nucleare. La miccia è la mozione per tornare al nucleare, avanzata dal partito di Carlo Calenda (Azione), ma perché vuole tornare a parlarne?
L’argomento energia è da sempre controverso in Italia, in ogni sua declinazione. Si pensi alle proteste contro il TAP in Puglia, quelle recenti contro il rigassificatore a Piombino, le meno note mobilitazioni contro eolico e fotovoltaico.
Dopo il blackout italiano del 2003 e dalla crisi del gas in Ucraina del 2006 che si è tornati a parlare di nucleare, prima con una apertura dell’allora presidente del consiglio D’Alema nel 2007, poi con il programma nucleare del governo Berlusconi nel 2008, interrotto con il referendum abrogativo del 2011, tenutosi tre mesi dopo il disastro di Fukushima.
Da allora il sistema-energia italiano è rimasto fossilizzato, c’è stato un impulso dato alle varie energie rinnovabili ma, esauritisi i fondi (circa 220 miliardi spalmati in 20 anni sulle bollette), il successivo aumento è stato marginale e non è riuscito ad abbattere il consumo di gas naturale, risorsa energetica che è al centro delle preoccupazioni europee di questi mesi. È da ricordare che il metano è indispensabile per la produzione di fertilizzanti a base azotata: dal metano si ricava l’idrogeno con cui viene prodotta l’ammoniaca base dei fertilizzanti, quindi la mancanza di metano provoca difficoltà all’industria e all’agricoltura, oltre che ai consumi privati.
Produzione di energia elettrica in Italia (Fonte: IEA)
Il futuro delle società su due pilastri: elettrificazione della società e basse emissioni, mentre l’aleatorietà di sole e vento rendono difficile l’attuazione di questi propositi usando principalmente queste due fonti. L’UE ha deciso nelle scorse settimane che non potranno più essere vendute auto a benzina/gasolio dopo il 2035, questo comporterà un notevole aumento delle auto e forse incentiverà anche i riscaldamenti domestici elettrici. La domanda elettrica europea aumenterà notevolmente, e dovrà essere soddisfatta in qualche modo. In questo il nucleare è ottimo perché, secondo le principali pubblicazioni scientifiche, emette mediamente 12g di CO2 per kWh di energia, cioè tanto quanto l’eolico e circa ¼ del fotovoltaico.
Si potrebbe scegliere di usare eolico e fotovoltaico, ma qui interviene l’aleatorietà di queste fonti. Il sole splende tutti i giorni, ma con intensità diverse a seconda dei mesi. Una società ha necessità di fruire di energia quando serve, non quando c’è. Il nucleare è invece stabile e programmabile, cioè possiamo decidere noi quando avere o no energia modulando la potenza dei reattori.
Altro punto da tenere in considerazione è il rischio geopolitico. Gazprom – società fornitrice russa – può aprire o chiudere i rubinetti del gas a piacimento, eccependo problemi veri o scuse (pompe inutilizzabili o rotte), senza che il compratore possa far nulla, dato che non ha il diretto controllo dei pozzi. L’uranio è materiale relativamente abbondante e ne serve poco. Un pellet di uranio della grandezza del gommino di una matita o di un pellet di legno fornisce tutta l’energia di circa 1t di carbone, che è il consumo elettrico (equivalente) di una famiglia media italiana. Si può quindi immagazzinare in pochissimo spazio una grande quantità di combustibile per far funzionare le centrali per anni, senza problemi. L’assenza di miniere di uranio in una nazione non comporta grandi rischi, dato che si ha il tempo di rifornirsi da altri venditori o creare un impianto nazionale di produzione (in Cina stanno costruendo un impianto per estrarre uranio dall’acqua marina).
Curva di carico del sistema elettrico italiano (Fonte: TERNA)
Anche il fattore costi è importante. La fonte nucleare è infatti economica. Si è preoccupati per il costo unitario di un impianto, molto maggiore rispetto ai pannelli solari domestici, ma facendo le opportune proporzioni la fonte nucleare risulta vantaggiosa. Nel caso di Olkiluoto 3 in Finlandia, l’energia prodotta porterà il prezzo medio nel 2024 a 45 €/MWh dai 70 € attuali. Si pensi che Italia viaggiamo ultimamente ad oltre 350 €/MWh.
La “parola d’ordine” è quella di un mix energetico: solare-eolico-geotermico-idroelettrico-nucleare devono lavorare in sinergia. Il solare fornisce energia di giorno, l’eolico quando c’è vento, il geotermico produce calore per elettricità, il nucleare funziona quando gli altri non forniscono energia, l’idroelettrico può coprire tutti i buchi.
Quale tecnologia utilizzare? Saranno con ogni probabilità di III+ gen. I reattori di IV gen sono solo all’inizio, con pochissimi reattori in funzione o in costruzione. I tempi sono invece un problema relativo, non si smetterà di usare energia elettrica nel 2040, quindi serviranno sempre impianti di generazione. L’impianto di Olkiluoto è entrato in funzione dopo un decennio di ritardi, ma è arrivato in tempo per rendere inefficaci le minacce russe di taglio delle forniture di gas. Si deve programmare il futuro dei prossimi decenni, non solo dei prossimi mesi.
Dare una soluzione semplice ad un problema complesso non è possibile, e le non-scelte prima o poi si pagano, come i rigassificatori o il gasdotto con Israele prima osteggiati e ora ripresi in fretta e furia per il loro completamento rapido.