Medici di famiglia, è corsa verso la pensione: quale futuro per il territorio?
Otto professionisti operano nel centro zona, con un aumento costante dei pazienti
OVADA – Le code di fronte all’ospedale vecchio dei pazienti in attesa di effettuare la scelta per il nuovo medico dopo il pensionamento a Molare di Bernardo Pigollo come la spia di un problema che sta per scoppiare in tutta la sua evidenza. L’Ovadese come caso limite a livello regionale.
Il tema è quello della carenza di medici di famiglia. Il territorio, dopo i ritiri più recenti può contare su quattordici professionisti per un territorio con una popolazione di poco superiore a 26 mila abitanti. I nuovi ingressi degli ultimi 24 mesi hanno solo in parte reintegrato le perdite successive. Nella sola provincia di Alessandria sono dieci le richieste di pensionamento formulate dall’inizio dell’anno.
Andamento recente
«Spero di sbagliare nella mia previsione. Ma presto potremmo trovarci nella condizione di dover importare i medici dall’estero». Federico Torregiani, da segretario provinciale della Federazione italiana medici di Medicina generale conosce bene la quotidianità fatta di giornate infinite in cui dividersi tra computer e telefono, tra ricette e pazienti in cerca di informazioni.
Un carico di lavoro sempre più difficile da gestire che sta riducendo gli spazi per coltivare il rapporto tra paziente e dottore. «Siamo in questa situazione – prosegue – perché da almeno quindici anni la Regione ha sottostimato la necessità dei territori mettendo a disposizione un numero insufficiente di posti per i corsi di abilitazione all’esercizio della professione». Lo spauracchio vero, in questo senso, è rappresentato dal vicino ritiro della generazione dei medici nati tra il 1950 e i pochi anni successivi. Quello, anche dalle nostre parti sarà il vero punto di non ritorno.
Difficoltà logistiche
Sul territorio non c’è troppa voglia (né tempo) di parlare. Ma lo scenario è chiaro. In più negli ultimi due anni si è progressivamente aggiunto il carico dovuto alla gestione dell’emergenza sanitaria. Non solo le cure ma anche il crescente carico di burocrazia generato da norme in continuo cambiamento e la difficoltà degli assistiti nell’orientarsi. Per ora la soluzione è solo provvisoria.
«Stiamo lavorando – aggiunge Torreggiani – a un accordo che permetta ai medici disponibili di alzare il limite degli assistiti a quota 1800. Dev’essere chiaro però che potrebbe risentirne la qualità dell’assistenza. A rischio particolare sono le aree decentrate: non sono difficoltà di tipo clinico ma logistico, legate ai tempi necessari per gli spostamenti tra ambulatori e visite». Chi va avanti lo fa per una sua passione personale o perché, come nel caso degli ingressi più recenti sul territorio, originario dell’area in cui lavora.
Attualmente, sono otto i dottori che al centro zona uniscono la gestione di Tagliolo e Belforte, per altre sei è richiesto di dividersi tra sette paesi divisi in due macro aree tra l’Ovadese e l’Acquese (Carpeneto, Trisobbio, Cassinelle e Montaldo), la val d’Orba e il Novese (Silvano, Castelletto e l’area dell’Oltregiogo).