“Covi a casa”: dallo screening la fotografia dell’epidemia
Concluso il monitoraggio del progetto avviato nel distretto Acqui - Ovada
OVADA – Più di 340 pazienti presi in carico dall’avvio delle operazioni. Di questi 270 messi sotto la lente di ingrandimento nel primo monitoraggio del progetto che si è chiuso qualche giorno fa. Sono i dati di “Covi a casa”, il progetto di cura domiciliare dei pazienti affetti da Covid – 19 nel distretto Acqui – Ovada. «Parliamo – avverte Claudio Sasso, direttore del Distretto Sanitario – di riscontri ancora parziali. È presto per arrivare a conclusioni. Posso dire però che dal 30 marzo, da quando i medici delle Unita Speciali (Usca) hanno affiancato i colleghi di medicina generale abbiamo dato vita a una sinergia positiva».
Questionari distribuiti e compilati dai 40 tra medici di famiglia e pediatri di libera scelta che hanno aderito al programma. «Possiamo dire – prosegue Sasso – che solo 22 malati hanno manifestato complicazioni che hanno portato al ricovero». I dati raccolti inquadrano bene la tipologia del paziente. «L’età media è di 53 anni. Chiaramente ne abbiamo molti anziani, qualcuno anche sopra i 90 anni, ma abbiamo preso in carico anche alcuni ventenni». Le operazioni prevedono l’anamnesi completa del malato, con la collaborazione del personale dell’Assistenza Domiciliare, il monitoraggio attraverso prelievi, elettrocardiogramma (importanti per verificare gli effetti dei farmaci somministrati su pazienti con pregressi problemi cardiaci) e saturimetro.
“Covi a casa” è partito sul territorio anche grazie al sostegno decisivo del mondo del volontariato e di chi ha messo a disposizione materiali e risorse economiche. Nel momento più difficile per la rete sanitaria provinciale «il progetto – analizza ancora Sasso – ha contribuito ad alleviare la pressione sui reparti ospedalieri in prima linea. E questo è sicuramente un aspetto positivo».