Fellini-Sordi 100: “Lo sceicco bianco”
Il film, fruibile in streaming gratuito, ha segnato il sodalizio tra il cineasta e l’attore, legati anche da una profonda amicizia
CINEMA – È interessante notare come alcune pellicole degli anni Cinquanta, antesignane di una critica feroce e disillusa al mondo dello spettacolo in tutte le sue variegate forme, si occupino, appunto, di raccontare e denunciare le magagne, le falsità, le bassezze che ne costituiscono l’ordito. Pensiamo, ad esempio, a Bellissima di Luchino Visconti (1951), con la grande e magmatica Anna Magnani intenta ad esplorare con esiti tragici insieme alla figlia non ancora adolescente il fatuo contesto di Cinecittà e dei concorsi per la scoperta e il lancio di stelle in erba.
E pensiamo, naturalmente, a Lo sceicco bianco (1952), secondo lungometraggio di Federico Fellini dopo Luci del varietà (1950), in co-regia con Alberto Lattuada, il primo degli unici due film (l’altro è I vitelloni, 1953, premiato con il Leone d’oro) che hanno segnato il sodalizio tra il cineasta riminese e l’istrionico Alberto Sordi: di entrambi ricorre nel 2020 il centenario dalla nascita e i due artisti sono stati legati anche da una profonda amicizia.
La pellicola che viene unanimemente considerata l’autentico esordio di Fellini non riscuote, all’uscita in sala, un soverchio successo (nonostante la presentazione al Festival di Venezia): l’incasso al botteghino è scarso, le stroncature da parte dei critici sono immediate e irrevocabili.
Dopo il graffiante ritratto del mondo dell’avanspettacolo, con le sue luci e le sue ombre, condensato in Luci del varietà, appare lampante che l’interesse del giovane regista è focalizzato sullo scandaglio della rappresentazione attraverso le immagini: in Lo sceicco bianco è il variopinto e caotico circo dei fotoromanzi a venire raccontato da Fellini con il consueto, pessimistico acume, che si rinnoverà – anni dopo, a conclusione di carriera – in opere come Ginger e Fred (1990) e La voce della luna (1990), tragicomici affreschi del volgare baraccone televisivo.
«Per la sceneggiatura – raccontava Fellini – mi rifeci ai racconti che avevo scritto per il “Marc’Aurelio” in cui si riflettevano i miei pensieri sulla natura spietata delle storie d’amore, sull’amore giovanile che si confronta con la realtà dolceamara, sulla luna di miele che si irrancidisce, sulle delusioni dei primi tempi del matrimonio e sull’impossibilità di riuscire a conservare i romantici sogni iniziali».
La storia – espressione di uno stile ribattezzato fin dall’inizio come “fantarealismo”, scritta in collaborazione con Michelangelo Antonioni per il soggetto ed Ennio Flaiano per la sceneggiatura – è quella onirica e surreale di due freschi sposi, Wanda (Brunella Bovo) e Ivan (Leopoldo Trieste) Cavalli, arrivati a Roma per la luna di miele dalla provincia.
I due sono per Fellini già tipi, figurine di cartapesta; lei, il viso e l’ingenuità ancora fanciulleschi, la fantasia galoppante verso i sogni proibiti, i miti delle ragazze di allora: i divi dei fotoromanzi, come Fernando Rivoli, in arte lo Sceicco bianco (un Alberto Sordi affascinante maliardo di borgata, prototipo di un personaggio che – nel tempo – risulterà sempre più caratterizzato, sino a coincidere con quello dell’italiano adulatore e qualunquista, scaltro e maneggione). Lui, il marito-padrone, autoritario e petulante, ossessionato dall’ordine, dalla pulizia, dal rispetto dei tempi, delle gerarchie (i parenti altolocati e pettegoli, lo zio che può favorire la sua ascesa sociale, il pontefice che gli ha concesso udienza).
Insieme, i due rappresentano le vittime ideali e predestinate della città dei balocchi felliniana, la Roma tentacolare, caotica, affollata e rumorosa, a cui fa da contraltare il set sul litorale laziale dove si compie la deludente esperienza di Wanda, sfuggita al controllo di Ivan per incontrare il suo idolo. Il quale si rivela, a conti fatti e tragicommedia conclusa, niente più che un abile illusionista, un commediante da strapazzo senza sostanza alcuna, sottomesso a sua volta a una moglie-virago.
Fa la sua comparsa, in una lunga e disperata (per Ivan) notte romana, anche la prostituta Cabiria, un breve cameo di Giulietta Masina, che con questo personaggio nel 1958 vinse il Nastro d’argento come miglior attrice, nel contesto di un film – Le notti di Cabiria – premiato con l’Oscar al miglior film straniero.
Alla fine, nella vastità di piazza San Pietro solcata da un via vai di turisti, pellegrini ed ecclesiastici, l’ordine e la quiete (ancora una volta ipocritamente borghesi) sembrano ristabiliti, ma rimane come sospesa nell’aria la malinconica considerazione di Wanda: «La vera vita è quella del sogno, ma a volte il sogno è un baratro fatale».
La vera vita, in fondo, sembra identificarsi per Fellini con la marcetta circense composta da Nino Rota per accompagnare le vicende del film.
Del resto, il funambolismo e l’improvvisazione hanno fatto parte del corredo artistico del regista sin dalle prime prove, come ricordava lui stesso nella sua autobiografia Fare un film (1974), a proposito dell’inizio della lavorazione di Lo sceicco bianco: «…Si erano imbarcati tutti in un barcone che era a un chilometro di distanza su un mare immenso. Mi parevano lontanissimi, irraggiungibili. Mentre un motoscafo mi portava verso di loro, il barbaglio del sole mi confondeva gli occhi. Non solo erano irraggiungibili, non li vedevo più. Mi domandavo “E ora cosa faccio?…”. Non ricordavo la trama del film, non ricordavo nulla, desideravo tagliare la corda e basta. Dimenticare. Poi, però, di colpo tutti i dubbi mi svanirono quando posai il piede sulla scala di corda. Mi issai sul barcone. Mi intrufolai tra la troupe. Ero curioso di vedere come sarebbe andata a finire».
Lo sceicco bianco è fruibile in streaming gratuito sulla piattaforma Mediaset Play sino al primo aprile.
Lo sceicco bianco
Regia: Federico Fellini
Origine: Italia,1952, 86’
Soggetto: Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Tullio Pinelli
Scenografia: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli
Fotografia: Arturo Galilea
Montaggio: Rolando Benedetti
Musica: Nino Rota
Scenografia: Raffaele Tolfo
Interpreti: Alberto Sordi (Fernando Rivoli), Brunella Bovo (Wanda), Leopoldo Trieste (Ivan), Giulietta Masina (Cabiria), Ernesto Almirante (il regista di fumetti)
Produzione: Luigi Rovere per PDC / Enzo Provenzale per OFI.
Restauro realizzato da Cineteca di Bologna, nell’ambito del progetto Fellini 100, in collaborazione con RTI-Mediaset e Infinity presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata