Oliva: vi racconto la mia Trans Am
Il ciclista ovadese alla Loggia di San Sebastiano e la sua traversata degli Stati uniti in bicicletta
OVADA – Dice di aver vissuto come in un luna park. Anche se solo qualche giorno fa Maximiliano Oliva ha iniziato a rendersi davvero conto dell’impresa realizzata sulla sua bicicletta. E per questo ha deciso di raccontarla ad appassionati di ciclismo e amici che l’hanno seguito. L’appuntamento è alla Loggia di San Sebastiano lunedì 15 luglio, dalle 20.00. Proporzioni che vanno ben oltre al tempo impiegato per la traversata degli Stati Uniti: 20 giorni e 14 ore. La Trans Am è la corsa in bicicletta più dura al mondo: quasi 7 mila chilometri da percorrere, la necessità di gestire situazioni diverse e sempre nuove. E soprattutto in uno scenario diverso da quello che ti aspetteresti. «Ho viaggiato per ore – racconta – in una strada dritta senza trovare anima viva con piccoli villaggi di poche centinaia di abitanti. Anche connettersi a internet poteva essere un problema. La fatica mentale è quella più difficile da gestire. Il corpo si abitua, la testa può reagire in ogni modo». L’escursione termica il primo problema da affrontare: molto caldo di giorno, termometro a picco nelle ore notturne.
«Nello Yellowstone – prosegue – ho vissuto un momento difficile. Dovevo superare un passo a 2.900 metri e ci sono arrivato di sera: ho trovato per tutto il giorno -6 gradi centigradi e la neve. La bici era un blocco di ghiaccio con il cambio che assomigliava a un ghiacciolo; ma per fortuna sono riuscito a non fermarmi e a uscire dal freddo». Tra il Kansas e il Missouri, assieme al compagno di traversata Paolo Botti, la necessità di dormire all’aperto, sotto il porticato di una chiesa. Niente a che fare però con l’impresa del 2018, la North Cape che accompagna i ciclisti dall’Italia fino a Capo Nord. «L’anno scorso pedalavo lontano da casa ma comunque in ambienti più famigliari. L’America nella sua parte centrale è difficile da immaginare per chi è abituato all’America delle due coste: tante persone che vivono in roulotte o abitazioni che sono poco più che baracche, personaggi e poco avvezzi ad avere a che fare con i turisti. E poi distese immense a perdita d’occhio, popolate da bestiame e cavalli. Nel Montana ci sono ancora i cowboy che trasferiscono gli animali da una valle all’altra».
Il penultimo stato è il Kentucky, forse il più difficile e impegnativo con strappi, salite dure da affrontare con tanta stanchezza nelle gambe, e la necessità di tornare a pedalare oltre ai mille metri d’altezza. Infine la Virginia, lo stato più popolato e, in un certo senso, più vicino ai canoni europei. «Ai piedi del Yorktown Victory Monument, senza aver ancora realizzato l’entità dell’impresa portata a termine – conclude Oliva – mi sono venuti occhi lucidi e dopo poche parole per trasmettere la nostra emozione è arrivata una sensazione di liberazione mentale da quello stress che ci ha accompagnato durate tutti i chilometri pedalati».