Il viaggio cinematografico del film “Un posto sicuro”
Il regista Francesco Ghiaccio : il film è davvero di tutti, era scritto che tutta questa storia dovesse finire così. Anzi non è ancora finita, manca il lieto fine che tutti si aspettano: la cura al mesotelioma per cancellare per sempre la paura e il dolore, lasciando lesempio di una città che ha lottato senza rancore, con una rabbia sana, come degli eroi
Il regista Francesco Ghiaccio : ?il film è davvero di tutti, era scritto che tutta questa storia dovesse finire così. Anzi non è ancora finita, manca il lieto fine che tutti si aspettano: la cura al mesotelioma per cancellare per sempre la paura e il dolore, lasciando l?esempio di una città che ha lottato senza rancore, con una rabbia sana, come degli eroi?
CINEMA – L’occasione per riparlarne è arrivata facilmente, grazie alla riproposizione del film su Rai 5 e Rai Play, appena qualche giorno fa. Un passaggio importante per un film prezioso nel suo racconto, scabro e partecipato, della tragedia dell’Eternit, la multinazionale belga-svizzera che ha legato il suo nome sin dagli inizi del 900’ allo sfruttamento intensivo dell’amianto, venendo poi accusata di omicidio colposo e disastro ambientale. Il film è Un posto sicuro di Francesco Ghiaccio, regista monferrino, che ha iniziato molto tempo fa a interessarsi del tema, ricostruendo il dipanarsi di una vicenda terribile, in cui malattia e morte sembrano non lasciare spazio alcuno per la speranza.
L’amianto è ancora oggi in uso in diverse zone del mondo, dall’India, alla Cina, al Brasile: a Casale Monferrato, dove il film di Ghiaccio è ambientato, lo stabilimento – il più grande d’Europa – che lavorava questo materiale altamente inquinante è stato chiuso a metà degli anni Ottanta, ma è arrivato nei decenni precedenti a ospitare 2500 operai, con un bilancio complessivo di 2000 vittime di mesotelioma nella sola cittadina in provincia di Alessandria.
La cronaca degli ultimi anni ha raccontato la lunghissima, estenuante e non ancora conclusa battaglia giudiziaria delle vittime dell’inquinamento da amianto e dei loro parenti per ottenere giustizia e il riconoscimento degli effetti deleteri delle polveri prodotte dalla lavorazione sulla salute: i proprietari del colosso industriale incriminato, come sappiamo, sono stati condannati in corte d’Assise e in Appello, ma assolti dalla Cassazione, in seguito alla prescrizione dei reati di cui sono stati accusati.

Dalla prima uscita in sala del film, nel 2015, il viaggio in Italia e all’estero di Francesco Ghiaccio e Marco D’Amore è stato incessante e sempre più sorprendente, per le reazioni che Un posto sicuro continua a suscitare presso pubblici diversi e apparentemente lontani fra loro.
La pellicola, un paio d’anni fa, è approdata anche ad Alessandria, in occasione di una gremitissima proiezione alla presenza degli studenti delle scuole cittadine, e noi abbiamo chiesto a Francesco Ghiaccio di raccontarci le tappe più importanti del percorso di presentazione, una condivisione di esperienze di grande valore.
“Il passaggio del film su Rai5 ha riaperto intorno a me e ai protagonisti della storia un caleidoscopio di emozioni e ricordi – ci conferma il regista – oltre ad aver generato una valanga di messaggi di affetto e vicinanza da parte di tanti cittadini casalesi che avevano partecipato alle riprese sostenendo il film sin dai suoi primi passi. Non solo, la ribalta di un canale nazionale e gratuito, dopo le sale cinematografiche e Sky Cinema, ha permesso davvero a tutti di poter vedere questo film e conoscerne il tema di riferimento, finalmente. È questa la soddisfazione più grande, sapere che ora questa storia è fruibile a tutti, anche grazie a RaiPlay. Quando abbiamo cominciato a lavorare su quest’idea, ormai cinque anni fa, io e Marco non ce lo sognavamo nemmeno, scrivevamo la sceneggiatura mossi solo dalle emozioni potenti che scoprivamo in ogni incontro con i componenti dell’AFeVa. In quante città abbiamo presentato il film? Cento? Centocinquanta? Chi lo sa, eppure non ci sembrava mai abbastanza. Dappertutto in Italia e anche all’estero, festival, cineclub, scuole, persino la Camera dei Deputati, poi a Bruxelles in un incontro al Parlamento Europeo, abbiamo vinto svariati premi e riconoscimenti, Marco ha ottenuto persino un Nastro d’Argento. È stata un’avventura, un regalo che abbiamo ricevuto dagli spettatori. Ogni volta il nostro sentimento di gratitudine, e di debito, che sentivamo nei confronti di Casale ma anche di tutti quei cittadini del nostro Paese che si identificavano nei nostri personaggi, cresceva, ci costringeva a continuare. Ora il film è davvero di tutti, era scritto che tutta questa storia dovesse finire così. Anzi non è ancora finita, manca il lieto fine che tutti si aspettano: la cura al mesotelioma per cancellare per sempre la paura e il dolore, lasciando l’esempio di una città che ha lottato senza rancore, con una rabbia sana, come degli eroi”.