Lupo: monitoraggio sui numeri
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Redazione - redazione@alessandrianews.it  
28 Gennaio 2019
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Lupo: monitoraggio sui numeri

Prosegue il progetto di monitoraggio coordinato da vari enti e associazioni capeggiate dalle Aree Protette dell’Appennino Piemontese. Obiettivo primario capire qualcosa di più di questo tipo di predatore

Prosegue il progetto di monitoraggio coordinato da vari enti e associazioni capeggiate dalle Aree Protette dell?Appennino Piemontese. Obiettivo primario capire qualcosa di più di questo tipo di predatore

OVADA – Mira a fare chiarezza una volta per tutte sui tanti avvistamenti di lupi, o presunti tali, segnalati nell’ultimo anno nella nostra provincia e anche sul territorio ovadese. E’ il progetto di monitoraggio coordinato da vari enti e associazioni capeggiate dalle Aree Protette dell’Appennino Piemontese. Obiettivo primario capire qualcosa di più di questo tipo di predatore che da sempre alimenta racconti, dicerie e timori della gente. Coinvolti nell’operazione i carabinieri forestali, la Provincia, gli Ambiti territoriali di caccia (Atc) alessandrini, le Aree Protette del Po vercellese – alessandrino, l’Asl e il Club alpino italiano (Cai). Lo scorso anno del ritorno del lupo sulle nostre colline si parlò moltissimo, specie dopo alcune aggressioni ad animali domestici e d’allevamento in prossimità di paesi come Molare, Cremolino e Trisobbio.

“E’ necessario comprendere – spiega  Gabriele Panizza, funzionario delle Aree protette dell’Appennino Piemontese – se si tratti di lupi veri e proprio oppure di ibrici (mammiferi nati dall’incrocio di lupi stessi con cani ndr)”. Compito oltremodo complesso. Da qualche mese i tecnici formati da Francesca Marucco, coordinatrice del monitoraggio e una delle massime esperte in materia, percorrono le tracce battute di norma dai lupi stessi alla ricerca di carcasse, elementi diversi e di escrementi utili per l’effettuazione delle analisi genetiche, l’unica operazione che possa dare una risposta certa sulla natura degli animali. I controlli sulla presenza effettiva con metodi scientifici erano partiti nel 2004 sull’Appennino nell’ambito del «Progetto Lupo» ma si erano fermati definitivamente nel 2012 per l’assenza dei fondi necessari. L’attuale ricerca è stata finanziata con i fondi del Piano di sviluppo rurale della Regione e il monitoraggio oggi si estende fino alla pianura. I risultati saranno presentati nella seconda parte dell’anno da poco iniziato in una serie di incontri per informare i cittadini e le amministrazioni locali. I tecnici tengono attualmente sotto osservazione i quattro branchi presenti sull’Appennino, formati da una media di tre-cinque individui per studiarne la riproduzione e spostamenti. “Da tempo – conclude Panizza – sono stati individuati alcuni branchi. I giovani vanno poi in dispersione e per muoversi sul territorio utilizzano, per esempio, il torrente Scrivia”. Secondo i dati ufficiali forniti dalla Regione Piemonte i danni provocati agli allevamenti dalla presenza di questi predatori in un anno ammontano a 30 – 40 mila euro. In diversi incontri dello scorso dicembre i guardiaparco presenti in qualità di divulgatori hanno chiarito come l’uomo debba riabituarsi alla presenza dei predatori che sono al vertice dalla catena alimentare e sono quindi dei regolatori della presenza di ungulati selvatici. 

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