La ‘cassa’ cala in Piemonte, ma ad Alessandria c’è una impennata
Riduzione delle ore autorizzate nel periodo maggio giugno, però in provincia si registra un aumento significativo per quella 'straordinaria'. Discesa generalizzata invece nell'arco dei primi sei mesi del 2017
Riduzione delle ore autorizzate nel periodo maggio ? giugno, però in provincia si registra un aumento significativo per quella 'straordinaria'. Discesa generalizzata invece nell'arco dei primi sei mesi del 2017
Sull’arco del primo semestre le cose sono andate invece meglio. Sempre lo studio della Uil rileva che in regione sono state chieste 21.485.681 ore di cassa integrazione, il 57,9 per cento in meno dello stesso periodo dell’anno scorso (-23,5 ordinaria, -84 straordinaria per riorganizzazione e crisi, -13,1 straordinaria per contratti di solidarietà, -56,7 deroga). La provincia di Alessandria ha registrato un calo complessivo del 31,8 per cento. “È un segnale indubbiamente positivo, per un sistema produttivo che continua a essere molto selettivo. Nei prossimi mesi sarà importante verificare la capacità di assorbimento di nuova manodopera da parte delle imprese che vanno meglio, considerando che le crisi aziendali non si sono arrestate e continuano a provocare allarmi nel territorio regionale” commenta il segretario generale regionale della Uil, Gianni Cortese. Il Piemonte è al terzo posto per richiesta di cassa integrazione, preceduto da Lombardia e Puglia.
L’andamento nazionale è analogo, però va analizzato con attenzione, come rileva Gugliemo Loy, segretario confederale della Uil. “Certamente i motivi che si evidenziano con il calo delle richieste di cassa integrazione , oggettivo e anche se non costante, possono essere vari: le ristrutturazioni e le crisi aziendali permangono, ma con meno evidenza quantitativa, i limiti temporali (durata) imposti dal Jobs act, unitamente al maggior costo (ticket) possono spingere alcune realtà produttive a rinviare ammodernamenti e ristrutturazioni”. La verifica se la minore richiesta di ore di cassa integrazione sia destinata a trasformarsi, o meno, in espulsione dal mercato del lavoro “l’avremo nei prossimi mesi anche se, a oggi, i licenziamenti collettivi e per motivi oggettivi sembrano non crescere”.