Il turismo possibile di una provincia frammentata
I numeri relativi ai flussi sono incoraggianti, la presenza straniera è robusta e diffusa, ma la mancanza di una regia globale e le differenze fra i territori rendono sempre difficile una politica omogenea di promozione soprattutto sul fronte internazionale
I numeri relativi ai flussi sono incoraggianti, la presenza straniera è robusta e diffusa, ma la mancanza di una regia globale e le differenze fra i territori rendono sempre difficile una politica omogenea di promozione soprattutto sul fronte internazionale
Il quadro globale
I turisti italiani, nel 2016, hanno scoperto il Piemonte, trainando il settore. È quanto emerge dai dati elaborati dall’Osservatorio turistico regionale. Analizzando i territori, in termini assoluti le Atl (azienda turistica locale) di Torino e provincia e del Distretto dei Laghi si confermano come le più attrattive, registrando rispettivamente 6 milioni e 800mila e oltre 3 milioni e 400mila pernottamenti. Delle nove Atl regionali a registrare le migliori performance di crescita del 2016 sono state quella di Langhe e Roero (+9,6 per cento di arrivi e +7,4 di presenze) e quella di Asti (+11,3 di arrivi e +8,7 di presenze) che in termini numerici, rispettivamente, significano 288.076 arrivi e 658.933 presenze nel 2015 e 315.819 arrivi e 707.420 presenze l’anno scorso, 132.734 e 320.888 nel 2015 e 147.668 e 348.790 nel 2016. Crescita inferiore per la provincia di Alessandria, ma con numeri comunque robusti: nel 2015 gli arrivi sono stati 312.737 saliti a 323.136 l’anno scorso (+3,3 per cento) e le presenze sono passate da 684.575 a 709.640 (+3,7 per cento). A fronte dell’incremento del mercato italiano, il 2016 ha registrato una flessione dei mercati esteri. I flussi internazionali hanno comunque registrato il secondo miglior risultato degli ultimi dieci anni, con oltre 1 milione 800mila arrivi e 5 milioni e 800mila presenze. I dati indicano una flessione di alcuni mercati, in particolare Germania, che rimane comunque il primo mercato estero per il Piemonte, Francia e Regno Unito. Crescono invece i flussi dai Paesi del nord Europa: il primo, per percentuale di incremento, è il Benelux con +19 per cento di arrivi e +17 per cento di presenze, segue la Svizzera, con +13 per cento di arrivi a +14 di presenze, e la Scandinavia (+5 arrivi e +2 presenze).
I numeri alessandrini
Delle 709.640 presenze totali (+ 3.66 per cento sul 2015 con un incremento di 25.065 persone), il 62 per cento è stato all’insegna del tricolore, mentre gli stranieri sono arrivati da Germania, Francia, Svizzera, Paesi Bassi, Regno Unito, Russia, Belgio e Cina. In aumento la presenza degli stranieri nelle strutture alberghiere, quelle che sanno presentare meglio il territorio e garantire servizi di qualità a quel turismo che vuole innanzitutto non essere preso in giro da false promesse. Il trend delle strutture ricettive è stato in crescita costante dal 2009: erano 486 nel 2007 e 664 nel 2016. Lieve contrazione invece per i posti letto (rispetti ai quali pesa la chiusura di alcuni alberghi) che dai 10.684 del 2007 hanno raggiunto quota 11.781 l’anno scorso (erano 11.801 nel 2015).
Così sul territorio
Sono 41 i Comuni dove la presenza di strutture e di un sufficiente numero di posti letto assicura una buona capacità ricettiva che va dalle 1.030 presenze di Serralunga di Crea alle 166.004 di Acqui Terme (Alessandria è al secondo posto con 121.333), mentre gli altri Comuni oscillano dalle 967 presenze di Cavatore alle 169 di Cerrina Monferrato. La statistica regionale registra i numeri, ma non consente, in questo caso, di analizzare il fenomeno delle presenze per tipologie. In alcune realtà ha infatti in peso anche rilevante il turismo di affari, mente in altre zone la presenza di un certo numero di posti letto corrisponde però a una profonda frammentazione delle strutture che non favorisce una promozione più omogenea del territorio. La provincia presenta un quadro profondamente diversificato, a partire dalla zona del Novese dove l’insediamento dell’Outlet ha cambiato radicalmente l’economia dell’accoglienza e del turismo in tutta l’area (“La parola agli albergatori”).
Fra vino e biciclette
L’anno scorso a Ovada il numero di persone che si sono rivolte allo sportello di informazione turistica (Iat) ha toccato quota 12630, annuncia il Comune. Il 56 per cento dei fruitori sono locali, la quota restante è suddivisa tra abitanti fuori provincia e stranieri (tedeschi, inglesi e francesi principalmente). Citiamo l’Ovadese perché è una delle aree che hanno particolarmente sofferto la crisi, ma che hanno anche saputo innescare processi virtuosi come sta accadendo nel mondo del vino. Fra aziende che hanno saputo investire sulla qualità del prodotto e sull’accoglienza e la nascita di Consorzi che hanno legato in modo diretto il nome del territorio al vino, l’intera zona sta in buona misura invertendo il trend negativo. E il vino trova una positiva declinazione dalla zona dei Colli Tortonesi al Gaviese, da tutto l’Acquese vino al Monferrato Casalese. Il positivo lavoro in vigna e in cantina ha contribuito a elevare la qualità media di un prodotto che è diventato particolarmente attrattivo. Però resta il nodo di fondo: alla presenza di ottime individualità non corrisponde una politica promozionale ‘di sistema’ che si basi davvero su una immagine univoca da spendere sui mercati. Accade per il vino come accade, per esempio, per le biciclette. Il cicloturismo è in crescita, in particolare fra gli stranieri, e sono molti gli agriturismi e i bed & breakfast che offrono servizi specifici, però le infrastrutture mancano. Nel Casalese, anche sull’onda della ‘Venezia Torino’, qualcosa si sta muovendo con alcuni percorsi minimamente strutturati, però come rileva lo stesso Comune di Casale “manca ancora il sistema di infrastrutture in grado di poter far esistere la ‘VenTo’, un progetto chi hanno aderito 224 istituzioni (4 Regioni, 11 Province, 180 Comuni, 11 parchi, 18 altri enti), 99 associazioni e 4.858 cittadini”. Alessandria ‘città delle biciclette’ è stato uno slogan e una mostra, ma se girare sulle due ruote nel capoluogo è un problema, sul resto del territorio bisogna sperare costantemente nella benevolenza degli automobilisti. Nelle vicine province di Asti e Cuneo non è come stare in Alto Adige o in Olanda, però qualcosa in più esiste.
Musei e storia
L’ambiente, i prodotti tipici, ma anche la cultura. Tutti sono motori di sviluppo, a patto di renderli fruibili. Vi sono città, sono solo alcuni esempi, come Casale che con il Museo civico, la Gipsoteca Bistolfi e il museo ebraico possono contare su una offerta strutturata e consolidata, realtà come Bistagno dove nei fine settimana è aperta la Gipsoteca Giulio Monteverde, centri come Novi dove il Museo dei Campionissimi rappresenta uno degli omaggi del territorio alla storia del ciclismo (insieme a Castellania, paese di Fausto e Serse Coppi), paesi come Volpedo dove il circuito museale e lo studio di Pellizza celebrano un artista conosciuto in tutto il mondo ma che deve il rilancio a un gruppo di appassionati e volontari senza i quali oggi sarebbe quasi tutto dimenticato e poi castelli e dimore storiche che testimoniano la ricchezza del territorio. E Alessandria? Un sistema museale zoppicante, con alti e bassi gestionali, canali informativi non sempre all’altezza e opportunità non sfruttate a dovere. Fra la buona volontà e le promesse di tempi migliori e la reale ed effettiva fruibilità della rete museale, Alessandria deve ancora fare molta strada. Inoltre l’accoglienza, tranne alcune eccezioni che dimostrano come con poco sforzo e l’uso di strumenti basilari si possa fare molto, deve ancora migliorare. In un capoluogo in cui transitano parecchi stranieri, trovare in un ristorante un menu tradotto o personale che parli almeno inglese è ancora oggi una impresa.
Street food e fortezze varie
A scorrere certe cronache sembra che Alessandria sia prontissima a fare concorrenza a Langhe e Roero visto il numero di eventi di street food e promozioni gastronomiche. Eventi in cui, peraltro, promotori e protagonisti sono sempre i soliti, mentre l’investimento per la promozione appare quasi esclusivamente concentrato sull’area locale, quando invece se si vuole davvero fare conoscere il territorio è fondamentale superare i confini municipali. E non basta esportare per un giorno un modello perché quel sistema promozionale è rimasto legato a un solo gruppo di operatori. Alessandria poi soffre per la mancanza di uno spazio appositamente strutturato. C’è la Cittadella, è vero, che viene spesso usata, però le carenze sono tali da impedire di rendere stabile uno spazio multifunzionale per manifestazioni, eventi, concerti. Un altro spazio potenziale potrebbe essere la ex caserma Valfrè, ma il nodo irrisolto della gestione e del passaggio di competenza dell’area rende per ora impraticabile ogni progetto. E così il capoluogo resta fermo a decenni fa, quando la politica ha discusso per lungo tempo di ricercare una sede fissa e strutturata per la Fiera di San Giorgio. Una sede, appunto, multifunzionale. Rimasta, come molto altro, nel libro dei sogni.