Tagliolo: la comune hippy che rivoluzionò vita e costumi
Si sviluppò tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 sul Colma quella che fu indicata come "la più grande occupazione di suolo privato dEuropa in quegli anni"
Si sviluppò tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 sul Colma quella che fu indicata come "la più grande occupazione di suolo privato d?Europa in quegli anni"
In tale clima di sovvertimenti sociali si formò nell’Alto Ovadese, nell’ambito di quel “paradiso” ambientale e naturale che è sempre stato il monte Colma, non molto lontano dal centro a zona di Ovada, una “Comune” di rilevanti proporzioni: quasi trecento ettari con la disponibilità di numerose cascine, in gran parte in stato di abbandono, o disabitate per convenienza o necessità dagli anziani contadini. Una quindicina almeno le cascine coinvolte nel forzato “tourn over” del cambiamento libertario, pur avendo comunque un proprietario formale: la cascina Isola, la Binella, la Lucchetto (Cà Rossa), Cascina Rile (Progna Gialla), Cascine Nuova e Vecchia, Cà Parodi, Cascina Cà Vanillo, Cascina Spagnolo, Cascina Cà Zani, Cascina Fabbrica, Cascina Marocco, Cascina Albergo Del Melo, Cascina Sposina, Cascina Batina. Alcuni di quegli immobili fatiscenti sono stati successivamente recuperati e hanno subito restyling abitativi e funzionali.
Scriveva allora Clara Sestilli, animatrice dell’Associazione “Amici del Colma”: “Nel mondo degli hippy gli slogan sono “Fate l’amore non la guerra” o “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, anche se la pratica della realtà era indirizzata anche verso altri obiettivi. La vita in comune: si viaggia sulla strada in autostop, a piedi, si è nomadi per curiosità, non solo per fuggire da casa o dalle turbolenti città, per conoscere meglio gli altri e il mondo attraverso una vita libera da orpelli. E c’è un rimescolamento sociale: feudatari, borghesi, operai e sottoproletariato si mescolano”. Fu la primavera il periodo in cui sul Colma arrivarono molti giovani, dall’Italia e dall’Europa, per inserirsi nella Comune. I partecipanti iniziarono anche a darsi da fare per motivi economici , realizzando oggetti di artigianato che vendevano sul mercato di Ovada.
La Comune non era solo questo: “Si sperimentavano – scriveva ancora in margine al convegno sugli hippy del Colma, Ignazio Maria Gallino – nuove diete alimentari a base di riso, erbe, radici e frutti del luogo: la nudità era naturale, la disponibilità sessuale diffusa e spesso destituita da ogni sottinteso sentimentale: ci si piace ci si prende, ci si annoia, ci si lascia”. Sulla Comune di Ovada, Clara Sestilli, scriveva allora: “la loro era una dimensione di natura selvatica, di libertà sessuale condivisa, di svuotamento dell’idea di priorità privata condizionata dalla mancanza di qualsiasi confort (niente strade, luce, acqua), sfruttando le risorse naturali”. Le regole ma anche lo svago con protagonista, in stagione, il vicino torrente Piota: balneazione “nature”, giochi, sentimenti emergenti in un contesto di vita libera senza condizioni. Come tutte le storie che escono dai confini del lecito, anche quella della Comune del Monte Colma era destinata a chiudersi.
Quelle presenze cominciarono a suscitare troppo clamore, a essere scomode anche per la collettività, le autorità costituite, i benpensanti; anche i grandi giornali se ne stavano occupando. Arrivò così il vasto rastrellamento deciso dal pretore di Ovada, Carlo Carlesi, a cui partecipò, assieme a carabinieri e polizia, anche il padre di una ragazza sedicenne milanese che reclamava sua figlia. L’operazione collegiale portò allo sfaldamento della grande Comune. Una sessantina di giovani, ragazzi e ragazze con vari minorenni, vennero rispediti a casa alle loro famiglie, altri erano riusciti a dileguarsi nella notte. La zona montuosa dell’Ovada del Colma, diventata un centro hippy internazionale, concluse così le sue esperienze, per certi aspetti non sempre negative, e cessò di esistere.
FOTO: Archivio Storico Underground Stampa e Gigi Respighi