Più credito per le imprese, che però diminuiscono
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Più credito per le imprese, che però diminuiscono

Le contraddizioni dell'economia alessandrina nell'analisi del Barometro Crif che vede la provincia al primo posto per numero e valore medio delle richieste di valutazione e rivalutazione dei crediti, ma anche al fondo della classifica del Registro camerale con un – 0,63 per cento delle iscrizioni

Le contraddizioni dell'economia alessandrina nell'analisi del Barometro Crif che vede la provincia al primo posto per numero e valore medio delle richieste di valutazione e rivalutazione dei crediti, ma anche al fondo della classifica del Registro camerale con un – 0,63 per cento delle iscrizioni

ECONOMIA E LAVORO – Quella di Alessandria è la provincia che l’anno scorso ha registrato l’aumento maggiore di richieste di valutazione e rivalutazione dei crediti delle imprese. Ma è anche quella in cui, sempre l’anno scorso, il bilancio anagrafico (nuove iscrizioni e cessazioni) delle aziende iscritte al Registro imprese è stato chiuso con un pesante – 0,63 per cento. Economia sempre difficile da analizzare, con andamenti contrastanti e trend complessi.
Se sul fronte del credito ai privati, per mutui e per l’acquisto di beni, l’Alessandrino occupa una posizione mediana della classifica elaborata dal Barometro Crif, è lo stesso strumento che invece colloca la provincia al primo posto in Piemonte sia per numero di variazioni, sia per importo medio. L’anno scorso il numero totale di interrogazioni relative a richieste di valutazione e rivalutazione dei crediti delle imprese sul territorio regionale ha fatto segnare un incremento pari a +7,7 per cento rispetto al 2015, variazione “che risulta superiore a quella registrata a livello nazionale (+5,1 per cento)” si legge sulla relazione Crif. A livello provinciale, l’incremento più consistente è stato registrato a Alessandria, con un +15,5 per cento, seguita da Biella (+9,1 per cento), Cuneo (+8,2 per cento), Torino (+7,1 per cento) e Asti (+6,4 per cento). Fanalino di coda la provincia del Verbano Cusio Ossola che ha fatto segnare una crescita più contenuta: +1,6 per cento rispetto al 2015.
Per quanto riguarda l’importo medio, invece, con 62.281 euro richiesti il Piemonte si colloca al di sotto della media nazionale, ma fa registrare un incremento pari +17,3 per cento rispetto al 2015 (57.172 ). In regione “il record” spetta ad Alessandria, con 77.795 euro, seguita da Novara, con 72.789, Vercelli con 71.19 e Cuneo con 67.890. Ultima è la provincia di Biella con un importo medio che si è fermato a 54.370 euro. A giudizio di Simone Capecchi, executive director di Crif, il 2016 “ha visto anche la conferma della crescita dell’importo medio richiesto, segnale di un generale miglioramento delle condizioni congiunturali e di una più distesa relazione banche-imprese”. Crif è un società specializzata in sistemi di informazioni creditizie, business information e soluzioni per la gestione del credito. Nel 2015 ha dichiarato un valore della produzione di 390 milioni di euro con un patrimonio netto di 169,3 milioni. L’elaborazione del Barometro è avvenuta sulla base dei datti raccolti da Eurisc (Sistema di informazioni creditizie di Crif) che raccoglie i dati relativi ad oltre ottanta milioni di posizioni creditizie.

In attesa di analizzare i dati e l’andamento in modo dettagliato, il dato diffuso ieri da UnionCamere Piemonte sul bilancio 2016 del Registro imprese deve fare riflettere. L’anno scorso in Piemonte sono nate 26.447 aziende, a fronte delle 26.155 nuove iscrizioni registrate nel corso del 2015. “Al netto delle 26.966 cessazioni (valutate al netto delle cancellazioni d’ufficio, in leggero aumento rispetto alle 26.663 del 2015), il saldo è negativo per 519 unità” si legge su una nota diffusa da UnionCamere.Lo stock di imprese complessivamente registrate a fine dicembre 2016 nel Registro imprese delle Camere di commercio piemontesi ammonta a 438.966 unità, confermando il Piemonte “in settima posizione tra le regioni italiane, con oltre il sette per cento delle imprese nazionali”.
Il dato regionale scaturisce dagli andamenti negativi rilevati in tutte le province, ad eccezione di Novara, che registra un tasso di crescita positivo (+0,25 per cento), e di Torino, che manifesta una sostanziale stabilità (+0,07 per cento). Cuneo evidenzia la contrazione più contenuta (-0,05 per cento), mentre tutte le altre province manifestano performance al di sotto della media regionale. Asti segna un tasso del -0,36 per cento, seguita da Verbania (0,50 per cento) e Vercelli (-0,58 per cento). I cali più significativi caratterizzano Alessandria (-0,63 per cento) e Biella (-1,02 per cento). Dall’analisi del tessuto imprenditoriale piemontese per classe di natura giuridica, si osserva come le società di capitale (+2,66 per cento) e le altre forme (+0,58 per cento) continuino a evidenziare dinamiche positive, mentre risultano ancora negativi gli andamenti delle imprese individuali (-0,34 per cento) e delle società di persone (-1,53 per cento). Il dato disaggregato territoriale potrebbe riservare qualche sorpresa, ma quello regionale sull’andamento settoriale contiene conferme (in negativo) e andamenti che vanno studiati con attenzione. Il turismo è quello che ha registrato la performance migliore (+1,21 per cento), seguito dal comparto degli altri servizi (+0,78 per cento). Risulta leggermente negativo lo stock del commercio (-0,34 per cento), mentre appaiono maggiormente penalizzati gli altri settori, pur evidenziando un’erosione della base imprenditoriale inferiore a quella mostrata nel 2014: costruzioni (-1,15 per cento), industria in senso stretto (-0,79 per cento) e agricoltura (-0,12 per cento).

Infine, ancora nel campo del credito, l’andamento degli sportelli bancari, dei depositi e dei prestiti diffuso dalla Camera di Commercio di Alessandria ed elaborati su dati della Banca d’Italia relativi al 2015. Alla fine di quell’anno gli sportelli erano 266 contro i 305 del 2010, con un deposito bancario e un risparmio postale pari a 8,77 miliardi di euro (stabile rispetto al 2014). Se i prestiti ammontavano, nel 2015, a 10,34 miliardi di euro, i depositi delle famiglie consumatrici erano risultati pari a 7,9 miliardi.

 

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