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    Enrico Sozzetti - redazione@alessandrianews.it  
    3 Novembre 2016
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Poste, uno sciopero ‘per lo sviluppo’

    Venerdì incrociano le braccia i dipendenti delle Poste. La protesta sindacale contro la privatizzazione e un piano di riorganizzazione che in provincia di Alessandria si potrebbe tradurre un uffici chiusi e un centinaio di esuberi

    Venerdì incrociano le braccia i dipendenti delle Poste. La protesta sindacale contro la privatizzazione e un piano di riorganizzazione che in provincia di Alessandria si potrebbe tradurre un uffici chiusi e un centinaio di esuberi

    ECONOMIA E LAVORO – Dopo lo stato di agitazione, arriva il giorno dello sciopero: venerdì astensione dal lavoro per i dipendenti di Poste italiane. L’agitazione proclamata dai sindacati di categoria – Slc Cgil, Slp Cisl, Failp Cisal, Confsal Com, Ugl Com – culmina con questa giornata di protesta che rilancia l’allarme per gli effetti della privatizzazione della società, ma anche per le conseguenze dell’estensione, l’anno prossimo, del servizio di recapito della posta a giorni alterni che potrebbe determinare un centinaio di esuberi in provincia di Alessandria. Esuberi che il sindacato “spera” siano riassorbiti all’interno degli uffici postali. Ma il quadro generale non lascia ben sperare. “Lo sciopero – spiegano Marco Sali e Lorenzo Bisio dei sindacati di categoria di Cgil e Cisl – è proclamato non contro l’azienda, ma a favore del benessere e dello sviluppo dell’azienda sui mercati. È uno sciopero fatto di un solo no e di tanti sì! Il no è alla privatizzazione dell’ultima tranche pari al trenta per cento, attraverso il ritiro del decreto del governo Renzi. I sì sono a favore di organici giusti negli uffici postali, a un servizio postale di qualità, a un clima aziendale sereno e non fatto di minacce, ricatti e procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti”. Quelli che, affermano sempre Sali e Bisio, si registrano anche nell’Alessandrino al punto che “negli ultimi tempi sette dipendenti si sono dimessi”. Le perplessità sono relative a una privatizzazione della società che assicura un servizio universale, a un piano industriale e a una riorganizzazione dei servizi “che non stanno dando i risultati attesi da cittadini e lavoratori. “Finora sono emersi più problemi che soluzioni e l’anno prossimo rischia di peggiorare tutto” commentano Sali e Bisio. A oggi nei 210 uffici che fanno capo alle strutture di Al1 e Al2 quasi l’ottanta per cento vedono impegnato solo un operatore. Alle strutture danno capo quasi duecentodieci persone, mentre sono in migliaio gli altri dipendenti di Poste Italiane. “Finora l’esperimento del modello dei recapiti a giorni alterni – rilevano i sindacalisti – che è stato avviato a Mombello (dove le zone di competenza sono scese da 19 a 12) e a Casale (le zone sono passate da 29 a 20) con l’introduzione di un modello più flessibile ha evidenziato limiti enormi e impoverimento del servizio. Se il recapito a giorni alterni verrà introdotto nel 2017 negli altri Comuni centro zona ci attendiamo il caos e almeno un centinaio di esuberi”.
    Ancora Marco Sali sul processo di privatizzazione, perché il sindacato “non è pro o contro a prescindere. Solo qualche hanno fa – sottolinea il segretario generale provinciale Slc Cgil – chiedemmo la privatizzazione delle Terme di Acqui per toglierle dalle mani di una gestione pubblica incapace e dannosa. La gestione pubblica non è il male assoluto come non lo è quella privata. Ma in questo Paese ci pare proprio tutt’altra faccenda”. Quindi, il capitolo riorganizzazione territoriale. “Cosa faremo – sono sempre parole di Marco Sali – quando l’Unione europea ci sanzionerà, come in passato per le quote latte, per aver portato avanti un modello di recapito a giorni alterni sul venticinque per cento del territorio nazionale nonostante un esplicito divieto? Pagheremo quelle sanzioni coi soldi delle tasse dei cittadini lavoratori di poste che hanno perso il lavoro e coi soldi dei cittadini utenti che pagheranno per non aver ricevuto un servizio o averlo ricevuto pessimo! Questo il Governo lo sa bene. Anche di questo dovrebbero tenere conto gli amici sindaci. I loro cittadini saranno cornuti e mazziati. Il servizio peggiorerà, come si può già constatare sul territorio Casalese e della Val Cerrina, e se le cose procederanno su questa strada molti piccoli uffici non saranno più presidiati per la mancanza di personale, già oggi evidente, o per la diseconomicità del sito”.
    Per la Slc Cgil la società “deve rimanere integra e cioè composta dalla rete degli uffici e dal recapito (i portalettere) così come è oggi. Nessuno scorporo, solo l’attuazione seria e coerente di quanto annunciatoci in passato col piano di rilancio quinquennale che tendeva a recuperare importanti quote di mercato su più direttive oggi ancora disponibili. Noi vogliamo che il servizio per i cittadini migliori e migliorino le condizioni per i lavoratori. Vogliamo che l’azienda investa i propri utili su se stessa”. Sali conclude la riflessione con queste parole: “I problemi che vive oggi il settore recapito sono stati cagionati in passato dalla politica che aprì il mercato alle aziende private senza regola alcuna. Risultato: oggi esistono tremila agenzie di recapito privato che non applicano il contratto nazionale dei dipendenti di Poste Italiane e di conseguenza riescono ad abbattere il costo del lavoro. Spesso non pagando affatto i dipendenti che purtroppo sempre più di frequente sono, oltre ai giovani in cerca di prima occupazione, pensionati che non arrivano alla fine del mese. Il servizio offerto è nella media pessimo. La concorrenza che si è innescata è chiaramente al ribasso sul costo del lavoro e non sulla qualità del servizio. Tutto ciò a danno di lavoratori e cittadini. La politica fa finta di non sapere”. 
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