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    Davide Notti - redazione@alessandrianews.it  
    28 Ottobre 2016
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Un matrimonio tra biotech e biologico, Ogm a km 0

    La poca lungimiranza e la facile ricerca di consenso della nostra classe politica ha stoppato negli anni passati la ricerca pubblica in campo di biotecnologie

    La poca lungimiranza e la facile ricerca di consenso della nostra classe politica ha stoppato negli anni passati la ricerca pubblica in campo di biotecnologie

    OPINIONI – Il futuro dell’agricoltura quali modelli potrà avere? Un paradosso è che una delle risposte è che può stare in due modelli apparentemente opposti: l’agricoltura biologica di qualità e allo stesso tempo le tecniche biotecnologiche più avanzate. Facciamo una suggestiva ipotesi alla scala della nostra provincia: immaginiamo che la nostra università possa collaborare con un’azienda agricola biologica (prendiamo ad esempio le Valli Unite) su colture biotecnologiche sperimentali.

    Le Valli Unite sono una cooperativa agricola nata 35 anni fa a Costa Vescovato da allora pratica un’agricoltura biologica autentica ed un modello di gestione della cooperativa di tipo egalitario.

    La cooperativa attualmente conta una trentina di soci impegnati in varie attività. E’ una realtà di successo perché è riuscita ad abbinare all’agricoltura una valorizzazione ed contatto con il territorio. Oltre alle produzione agricola e all’allevamento (vigneti e produzione di vino, farine, allevamento di mucche e maiali) si unisco l’agriturismo ed eventi che che cercano di avvicinare le persone al mondo contadino e alle specificità del territorio.

    Ci sono incontri con gli alunni delle scuole, passeggiate didattiche o feste come in occasione del 25 Aprile o per la vendemmia. Ci sono attività per riprendere e rivalorizzare le colture tradizionali e locali come il vitigno del Timorasso. Chi lavora alle Valli Unite insegna che il ritorno all’agricoltura non è banale non ci si può improvvisare ed occorre sempre avere una buona conoscenza delle tecniche agronomiche, oltre che innovarsi ed aprire la mente su come fare agricoltura e cultura assieme.

    Un mondo che può sembrare lontano da quello degli OGM delle biotecnologie ma che forse in un futuro potrebbe essere abbinati.

    La scarsa informazione e preparazione scientifica dell’opinione pubblica ad una disinformazione spesso crea confusione ed avversione riguardo al tema OGM. Gli OGM spesso si pensano siano legati solo alle multinazionali e alle grandi monocolture come la soia o il mais ma non è sempre così. Intanto bisogna ricordare che da sempre l’uomo ha manipolato le piante (e gli animali) per ottenere maggiori rese, resistenza a parassiti o aspetto più ‘attraente’. Nei secoli passati tramite selezioni ed incroci che nel tempo hanno permesso di ottenere le varietà desiderate. In tempi più recenti si sono usati la chimica di sintesi o le radiazioni per ottenere mutazioni favorevoli fino ad arrivare alle tecniche biotecnologiche più recenti come raccontato nel libro Contro Natura di Dario Bressanini e Beatrice Mautino. Attualmente ci sono nuove tecniche di editing genetico (CRISPR) che permetteranno sviluppi ancora più interessanti. Di fatto l’uomo ha sempre modificato il genoma e DNA delle piante, solo è cambiata la metodologia per ottenerlo, per cui il termine OGM è solo una convenzione normativa che non una caratteristiche fisica.

    La poca lungimiranza e la facile ricerca di consenso della nostra classe politica ha stoppato negli anni passati la ricerca pubblica in campo di biotecnologie. La ricerca fatta da università o CNR che non aveva fini di lucro, come può essere per una multinazionale, ma era spesso mirata anche ai nostri prodotti agricoli locali. Il paradosso è che tutto questo non ha avuto nessun effetto sulla ricerca biotecnologica a scopo di lucro ed ha aumentato le diffidenze nella maggior parte delle persone. Tra l’altro le multinazionali il profitto ed il monopolio lo fanno comunque con o senza OGM, queste sono conseguenze regole di mercato fra stati che poco hanno a che fare con la ricerca scientifica.

    Ed ecco qua una provocazione: se si potesse di nuova fare una ricerca pubblica sulle biotecnologie non sarebbe interessante che università locali possano collaborare con agricoltori del territorio per aiutare colture nostrane minacciate da parassiti, dai cambiamenti climatici, o alle prese con le guerre di prezzi ?

    Magari in un futuro i campi delle Valli Unite ospiteranno colture sperimentali in collaborazione con ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale, sembra assurdo ma potrebbe essere una grande opportunità. Il recupero di antico vitigno, come il Timorasso, potrebbe essere fatto grazie alla biotecnologie sviluppate a km 0 nelle nostre università.

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