Da Alessandria fino al piatto di Obama
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Da Alessandria fino al piatto di Obama

I prodotti della Ida di San Giuliano Nuovo sono stati acquistati dal cuoco di un ristorante di San Francisco che cucina spesso per il presidente degli Stati Uniti d’America. “L’Italia si vende” commenta Augusto Gemma, ma la burocrazia e la mancanza di flessibilità "frenano lo sviluppo"

I prodotti della Ida di San Giuliano Nuovo sono stati acquistati dal cuoco di un ristorante di San Francisco che cucina spesso per il presidente degli Stati Uniti d?America. ?L?Italia si vende? commenta Augusto Gemma, ma la burocrazia e la mancanza di flessibilità "frenano lo sviluppo"

ECONOMIA E LAVORO – “Negli Stati Uniti c’è molto da fare, ma bisogna ‘prendere e partire’ e sempre rispettando la qualità, i tempi di consegna, le regole e i pagamenti”. Tradotto, estrema serietà e guai a fare il furbo. Augusto Gemma, amministratore unico della Ida (vegetali disidratati) di San Giuliano Nuovo, racconta l’esperienza della partecipazione a una fiera internazionale di materie prime a Chicago, parla del confronto con il mercato statunitense, la distribuzione, le regole import-export, ma soprattutto è la testimonianza diretta di come la qualità paga. Davvero. Altrimenti non avrebbe mai ricevuto la richiesta per un ordine per alcuni chili di prodotti disidratati. La perplessità è salita alle stelle perché il costo di spedizione era enormemente superiore a quello del prodotto. Però non c’è stato niente da fare, il cliente è stato irremovibile. E dopo questo primo ordine è arrivato un secondo, di quantità superiore anche se non di molto. “Ho voluto parlare a questo punto con questa persona perché ero incuriosito. Mi sono sentito rispondere che durante un viaggio in Italia aveva scoperto le nostre verdure, le aveva trovate di ‘straordinaria qualità’ e le ha volute” racconta Gemma. Ma chi è? Si chiama Michael Tusk, è executive chef al Cotogna, ristorante italiano di San Francisco, e periodicamente cucina per Barack Obama. E così una produzione alessandrina è finita più volte nel piatto del presidente degli Stati Uniti d’America.
L’Italia la trovi ovunque. Basta entrare in un supermercato come in un negozio. I prodotti marchiati con il tricolore sono in bella vista. Ci sono ragù e spaghetti, pomodori San Marzano e pizze. Tutte rigorosamente americane. Come la ‘urban pie’ Little Italy pizza al pesto. Non manca il pane ‘Premium Italian’, mentre non si trova l’ice cream bensì ‘Il Gelato’ (dal potenziale calorico strettamente a stelle e strisce). “L’Italia si vende” commenta Augusto Gemma che a Chicago era affiancato dal figlio Pietro. 

Però bisogna saperlo fare. Ci sono importatori che hanno anche quadruplicato il business (una società è passata da sei a ventiquattro milioni di dollari) con prodotti come le patate cui progressivamente hanno aggiunto farine dall’Italia esclusivamente per il mercato delle pizzerie. “Lo hanno fatto – spiega sempre l’amministratore della Ida – proponendo al mercato ‘pacchetti’ commerciali che comprendono anche scuole di cucina, showcooking e altro”. Anche colossi come Rana e Barilla si giocano una buona fetta del mercato statunitense con ricette che si adattano ai gusti americani. Per la Ida che produce spinaci, prezzemolo, vegetali e miscele tutte disidratate (non mancano anche spezie ed erbe aromatiche) e si muove da anni sui mercati internazionali, il mercato degli Usa è di assoluto interesse. L’azienda di San Giuliano Nuovo, nata ad Alessandria dopo la seconda guerra mondiale, ha fatto della qualità il valore aggiunto. Una qualità che comporta una selezione costante delle materie prime e che è stata abbinata a investimenti tecnologici che hanno portato, nel 2005, al trasferimento dell’impresa in un’area produttiva nuova (trentamila metri quadrati di cui novemila coperti) dove è stata realizzata la più lunga e moderna linea (240 metri) per la disidratazione di vegetali a foglie in Europa, che permette di realizzare produzioni Made in Italy che la Ida esporta in oltre 36 nazioni.
La qualità, l’innovazione, lo spirito d’impresa sono quasi tutto. Cosa manca? Il ‘sistema paese’. “La burocrazia e la mancanza di flessibilità frenano lo sviluppo, senza contare l’accavallarsi di norme internazionali ed europee che rischiano di causare confusione e mettere in difficoltà chi opera a livello internazionale” puntualizza Augusto Gemma. “Una recente discussione all’interno della Profel, l’associazione europea delle industrie di trasformazione di frutta e vegetali di cui sono vicepresidente, si sta concentrando – dice Gemma – sulle prossime novità che l’Unione europea ha in serbo per i pesticidi con la valutazione in corso rispetto all’abolizione o modifica delle soglie minime. Ma come ci si comporterà con i prodotti che arrivano da altri Paesi? Come si difenderà il Made in Italy? Chissà…”. Una cosa è certa, nazione che vai e norme che trovi. Negli Stato Uniti, per esempio, è la testimonianza che arriva sempre dalla Ida, non esiste il sistema Hccp in materia di igiene alimentare. “Gli americani – è il racconto di Augusto Gemma – ritengono che le loro linee siano a posto e non vi siano problemi per la sicurezza alimentare. C’è, per loro, invece un solo rischio che è quello del terrorismo. Ecco così che in molti stabilimenti vengono installate delle telecamere per impedire che qualcuno possa, per esempio, gettare arsenico nella linea di produzione”.

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