Troppo piccoli per la guerra del grano?
La sfida riprenderà a settembre, quando potrebbe arrivare ad Alessandria anche Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole. Ma la riorganizzazione della filiera appare un miraggio anche a causa delle diverse posizioni fra Cia e Confagricoltura da un lato e Coldiretti dallaltra
La sfida riprenderà a settembre, quando potrebbe arrivare ad Alessandria anche Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole. Ma la riorganizzazione della filiera appare un miraggio anche a causa delle diverse posizioni fra Cia e Confagricoltura da un lato e Coldiretti dall?altra
ECONOMIA E LAVORO – La sfida del grano riprenderà a settembre. Questa appare, per ora, l’unica certezza. Su tutto il resto pesano molte, forse troppe, variabili. Una delle ultime è quella legata alla presenza, ad Alessandria, di Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole. Intanto un altro ministro, Maria Elena Boschi, al termine della serata organizzata ad Alessandria per illustrare le ragioni del sì al referendum costituzionale che si svolgerà in autunno, ha incontrato il presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori), Gian Piero Ameglio, e il presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli, e ha parlato anche della situazione del grano sul territorio. Il sindaco di Alessandria, Rita Rossa, quindi ha anticipato che a settembre Martina sarà nel capoluogo per affrontare l’argomento. Lo stesso Martina che a fine luglio ha proposto la creazione di un marchio unico volontario per il grano e i prodotti trasformati. Ma basta un marchio per tutelare i produttori e garantire un reddito adeguato? No. Anche perché le quotazioni avvengono a livello internazionale e l’Italia è un forte importatore. Le varietà oggi coltivate nel Paese sono di qualità, però la quantità è insufficiente a soddisfare la domanda dell’industria. Inoltre si sconta uno dei mali dell’agricoltura tricolore: l’eccessiva frammentazione delle imprese e delle superfici. Non è casuale l’osservazione che arriva da Gian Piero Ameglio, secondo cui “i progetti di rilancio o di nuove iniziative potranno funzionare solamente a condizione di riorganizzare il prodotto da parte agricola: le produzioni dovranno essere organizzate, stoccate e commercializzate in funzione delle reali esigenze di mercato. Solo così la nostra filiera avrà un lungo futuro”.
Il problema rilanciato in modo pesante quest’anno da Cia e Confagricoltura da un lato e Coldiretti dall’altro (sono sempre ‘separate in casa’ per ragioni di politiche organizzative interne) parte da un dato oggettivo: un valore del grano tenero che non arriva nemmeno a coprire i costi di produzione. Dal grano al pane i prezzi aumentano in media del 1450 per cento con il grano che è oggi pagato come trenta anni fa su livelli al di sotto dei costi di produzione attuali. Ogni quintale è pagato 14 euro il che vuol dire circa 14 centesimi al chilo per il grano tenero che viene usato per fare il pane. Attualmente in provincia di Alessandria sono coltivati circa 33.000 ettari con una resa media di cinquanta/sessanta quintali per ettaro per una produzione annua pari a circa 1.800.000 quintali.

Ma se per la politica della Coldiretti questo è un accordo da sbandierare di fronte ad associati e opinione pubblica, in realtà è una goccia nel mare della produzione provinciale e una goccia nell’oceano rispetto al mercato nazionale. Il ‘patto del grano buono’ della Saiwa (lo stabilimento italiano di punta è quello di Capriata d’Orba) risale al 2008 per volontà della Mondelez, proprietaria dello storico marchio nato a Genova nel 1900, e nel primo anno ha coinvolto 68 produttori in Francia, saliti poi a duemila. Quindi è stata la volta di numerosi produttori spagnoli e dal 2015 si è aggiunta l’Italia con l’adesione di aziende che operano in diverse regioni italiane.