Tutta colpa di Amazon? La grande distribuzione e l’avanzata del commercio elettronico…
Alessandria ha ospitato un evento che ha rappresentato una occasione di riflessione e analisi quasi unica per la grande distribuzione organizzata per riflettere sul proprio futuro. Che la soluzione sia "trasformare un negozio tradizionale in una piattaforma distributiva 'sotto casa'"
Alessandria ha ospitato un evento che ha rappresentato una occasione di riflessione e analisi quasi unica per la grande distribuzione organizzata per riflettere sul proprio futuro. Che la soluzione sia "trasformare un negozio tradizionale in una piattaforma distributiva 'sotto casa'"
Scarsa capacità di programmazione, impermeabilità alla innovazione, scarsa visione commerciale. Le sfumature delle riflessioni sono diverse, ma la sostanza è una sola: la grande distribuzione italiana è in affanno perché è ancora troppa forte la resistenza al cambiamento. Mauro Lusetti (presidente di LegaCoop), Eleonora Graffione (presidente di Coralis, consorzio di imprese della piccola distribuzione), Mario Gasbarrino (amministratore delegato di Unes), Mario Bagliani (Consorzio Netcomm) non hanno nascosto la difficoltà profonda del sistema italiano. E se la grande distribuzione continuerà a perdere quote di mercato, la ragione principale sarà da attribuire alle gestioni sbagliate e lontanissime dalla innovazione.
Sul banco degli imputati c’è Amazon. Ma è solo colpa della multinazionale? Dei consumatori? Oppure dei mercati in cui la multinazionale entra perché non c’è offerta? Sicuramente il prezzo è un motivo, il servizio (oggi si arriva a una consegna in venti minuti) è un altro elemento di forza e la gestione dei resi (quando la merce non soddisfa le attese) è l’ennesimo valore aggiunto di Amazon. Però è anche vero che nel panorama italiano si vedono “poco cambiamento e distintività”. Solo Esselunga ha una piattaforma online che gestisce le consegne a domicilio. Il resto dei grandi marchi, a parte Unes che punta molto sulla preparazione del personale concentrando gli sforzi sull’aspetto umano del rapporto con i clienti, non riesce a distinguersi in modo netto, né sul piano del linguaggio, né su quello dei servizi innovativi. Mauro Lusetti a un certo punto ha affermato che “ci sarà una fortissima contaminazione tra rete distributiva fissa e internet”. Veramente c’è già. La velocità di espansione di Amazon, come di altre piattaforme simili, ha portato la competizione dal negozio reale a quello virtuale, rispondendo a un mercato che non attendeva altro che una nuova opportunità.
Chi oggi esce di casa o dall’ufficio non troverà un negozio tradizionale ad attenderlo. E l’acquisto non potrà che avvenire in un supermercato o in un centro commerciale. O ancora su un sito internet: basta una semplice operazione con lo smartphone. Il digitale è una opportunità straordinaria, in particolare per l’export. È una dimensione capace di sviluppare l’altro fronte dell’ecommerce: la logistica. Un mercato enorme, ma che pare snobbato dagli operatori italiani, a parte alcune realtà, mentre gli stranieri stanno affilando le armi per entrare in forza.
Al confronto, coordinato da Franco Buo, esperto di strategie commerciali e analista di trend di evoluzione della distribuzione organizzata, non è mancata una voce originale. Quella di Gianfranco Corgiat Loia, dirigente del servizio ‘Prevenzione e veterinaria’ della Regione Piemonte. Occhi puntati ovviamente sugli aspetti legati ai prodotti alimentari, alle discipline di controllo delle filiere, ma anche suggerimenti mirati. Se stanno crescendo i canali di vendita online di prodotti alimentare, perché non pensare “di trasformare un negozio tradizionale in una piattaforma distributiva ‘sotto casa’ per assicurare la massima freschezza e salubrità degli alimenti”? Un progetto potenzialmente innovativo, in grado di fondere mercato reale e mercato virtuale ottimizzando i vantaggi del web con il rapporto diretto con il cliente che si può assicurare con il negozio. È stata solo un’idea o qualcuno in giorno ci penserà?