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    Infermieri
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    Benedetta Acri - b.acri@ilnovese.info  
    16 Febbraio 2016
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Infermieri pediatrici, specializzati ma disoccupati

    Difficile è la situazione non solo per i pediatri, ma anche per il loro corrispettivo infermieristico. Ma in questo caso il problema è opposto: se i pediatri scarseggiano, gli infermieri pediatrici sono troppi e restano disoccupati

    Difficile è la situazione non solo per i pediatri, ma anche per il loro corrispettivo infermieristico. Ma in questo caso il problema è opposto: se i pediatri scarseggiano, gli infermieri pediatrici sono troppi e restano disoccupati

    SALUTE – Difficile è la situazione non solo per i pediatri, ma anche per il loro corrispettivo infermieristico. Ma in questo caso il problema è opposto: se i pediatri scarseggiano, gli infermieri pediatrici sono troppi e restano disoccupati.

    Il segretario regionale Nursing Up
    (il sindacato degli infermieri italiani) Claudio Delli Carri lancia l’allarme: “le università sfornano quasi 300 infermieri pediatrici l’anno ma gli ospedali non li assumono. Esiste un problema estremamente importante legato alla loro figura: c’è uno scompenso enorme tra gli infermieri pediatrici che ogni anno si laureano e il numero di essi che trovano un reale sbocco lavorativo. E’ necessario intervenire per programmare meglio questo settore dell’infermieristica, perché è assurdo formare tanti infermieri specializzati che poi diventano, di fatto, solo dei disoccupati”.

    È un allarme basato su numeri assai significativi: dal 2011 ad oggi, ossia negli ultimi 5 anni, in Italia si sono laureati 1440 infermieri pediatrici, quasi 300 l’anno, ma i posti di lavoro messi a bando in tutto il Paese, nello stesso lasso di tempo, sono stati solo 72.

    “La ragione è semplice da capire – aggiunge Delli Carri – nei reparti pediatrici è sempre più frequente l’utilizzo d’infermieri “generici”, anche laddove andrebbero utilizzati quelli specifici. Ho la sensazione che nella gestione dei reparti la loro specializzazione, che in teoria dovrebbe essere un valore aggiunto importante, diventi invece un limite. Perché un pediatrico va impiegato solo in pediatria, mentre un infermiere senza specializzazione no”.
    “Così le università – prosegue Delli Carri – rischiano di diventare delle fabbriche di disoccupati o di pendolari europei, visto che molti di questi infermieri trovano lavoro all’estero, in Inghilterra ad esempio. È assurdo sprecare un patrimonio professionale di questo tipo”.
    Una situazione purtroppo sempre più frequente in Italia, che coinvolge tutti i campi lavorativi e che provoca una sistematica perdita di talenti non valorizzati.

     

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