L’albero di Natale è politically correct
La sua origine è quella dellalbero della vita, dalle origini pagane che vanno indietro nella storia fino ai romani che celebravano in questo periodo il solstizio invernale e le Calende di gennaio decorando le loro case con rami di pino. Qui dagli Usa ho seguito con interesse e tristezza la storia dellalbero di Natale alessandrino
La sua origine è quella dell?albero della vita, dalle origini pagane che vanno indietro nella storia fino ai romani che celebravano in questo periodo il solstizio invernale e le Calende di gennaio decorando le loro case con rami di pino. Qui dagli Usa ho seguito con interesse e tristezza la storia dell?albero di Natale alessandrino
Io vivo in un paese crogiolo di tradizioni di tutti i generi e persone che arrivano da ogni angolo della terra, molte volte scappando da paesi dove non potevano professare liberamente la loro religione e che di solito , sottolineando il di solito, che purtroppo non è sempre vero, convivono qui pacificamente. Gli Usa comunque hanno la parola Dio nella dichiarazione d’indipendenza e ancora ieri sera il presidente Obama, nel suo messaggio alla nazione a seguito dell’agguato terroristico che la settimana scorsa ha ucciso 14 innocenti in California, in una San Bernardino, che potrebbe essere qualsiasi angolo degli Usa, visto che non è né New York City né Washington né un’altra delle grandi metropoli nord americane, ha concluso con un “God Bless America”.
Non si può cancellare la storia affermando che non sia vero che i primi padri pellegrini che arrivarono in quelli che ora sono gli Usa fossero quaccheri e puritani del vecchio mondo, quindi profondamente religiosi e cristiani. Il Dio cristiano è quindi parte della storia anche del nuovo mondo: anche se si spera che il Dio che ci guarda da lassù, se siamo credenti, sia uno, sia lo stesso per tutti, solo chiamato con un nome diverso dalle diverse religioni monoteiste. Quindi le tradizioni devono essere rispettate.
Se un paese ha tradizioni cristiane, allora perché ci dobbiamo vergognare di averle? Chi vive in un paese deve rispettare le tradizioni di dove vive. Io ho amiche che vivono in paesi arabi di stretta fede musulmana. Sono italiane, europee, o vengono da diverse parti del mondo e non sono di fede musulmana, ma non si sognerebbero mai di fare le ribelli e infrangere quelle che sono le regole del paese dove vivono , anche se esse sono limitanti e molto! Loro non guidano, vivono nei compound, vere e proprie prigioni dorate destinate agli occidentali, e se escono al di fuori, devono coprirsi dalla testa ai piedi ed è giusto! È una forma di rispetto per il paese che ospita!
Lo stesso rispetto deve essere espresso da chi va a vivere in un paese in cui la maggioranza della popolazione è di fede cristiana o ebraica o buddista o che ha nelle sue tradizioni la prevalenza di una religione su un’altra
Allora nei paesi di tradizione cristiana, facciamole queste decorazioni che rispecchiano la nostra storia. Facciamo l’albero e se vogliamo, facciamo anche il presepe e non vergogniamoci! Qui non molti fanno i presepi, che sono una tradizione prettamente italiana, ma di alberi ce ne sono di bellissimi.
L’albero di Natale è infatti di per sé politically correct perché, se è vero che è stato adottato dalla tradizione cristiana, la sua origine è quella dell’albero della vita, dalle origini pagane che vanno indietro nella storia fino ai romani che celebravano in questo periodo il solstizio invernale e le Calende di gennaio (se siete interessati, leggete le origini dell’albero da Wikipedia) decorando le loro case con rami di pino.
La settimana scorsa ho seguito con interesse, misto a tristezza, la storia dell’albero di Natale alessandrino e la soluzione al problema. Dalle foto non ho potuto capire se l’albero fosse brutto già di per sé, ma quello che stonava erano quelle 4 luci blu buttate a casaccio con malavoglia da chi di quell’albero non gliene importava niente. E questo era evidente. Però quell’albero era stato già tagliato, era lì e non capisco perché sia stato rimosso e sostituito da un albero finto. Quell’albero vero sarebbe stato contento di vivere ancora un po’ in un bosco o giardino a fare da casa tra i suoi rami ad uccellini e a produrre pigne e pinoli per gli animaletti. Quell’albero sarà stato pure pagato, perché non è stato utilizzato?
Tutto questo succedeva la settimana scorsa, proprio mentre a NY si faceva la cerimonia di illuminazione dell’albero di Rockefeller Center, un albero imponente e bellissimo, ma donato da privati e scelto da una commissione che viaggia negli Usa per esaminarne centinaia e scegliere quello giusto. Una cerimonia quella, che è una festa per i newyorkesi e tutti gli americani che la possono guardare, insieme alla cerimonia di illuminazione dell’albero della Casa Bianca, trasmessa in tv.
Nel mio blog ho scritto la storia e le origini dell’albero del Rockefeller center, che sono umili. Sono quelle di un albero eretto dagli operai che stavano lavorando alla costruzione dei grattacieli dell’area, molti di costoro immigrati italiani, che lo decorarono con quello che avevano a disposizione: ghirlande fatte di ghiande e strisce di alluminio ricavate dalle spolette dell’esplosivo usato per livellare l’area di costruzione. Un albero povero, ma nelle foto vecchie (era il 1931) si vede che era un albero fatto con amore e sentimento, per ringraziare di avere un lavoro durante la grande depressione.
Tutto questo succedeva la settimana scorsa mentre mi è capitato di andare in centro città a Milwaukee, dove ho visto che c’è una piazza decorata da decine e decine di alberi, ognuno addobbato dai bambini delle scuole elementari della città, con decorazioni fatte dagli stecchini di legno dei ghiaccioli, dalle mollette da bucato incollate insieme (i lavoretti che le maestre fanno fare ai piccoli, scommetto che ne avete tutti per casa!) o fatte con altri materiali poveri, perché decorare l’albero diventa un momento comunitario e diventa un atto di amore e non importa che sia bello o brutto.
Tutto questo succedeva la settimana scorsa, mentre in ogni città/paese degli Usa le varie comunità si riunivano per la cerimonia di illuminazione dei loro alberi, piccoli o grandi, ma attesi da tutti per sentirsi vicini gli uni agli altri: insomma per sentirsi comunità. Gli alberi qui convivono con i candelabri di Hanukkah, la festa della luce ebraica, con i colori di Kwanzaa, festa di origine africana e con molte altre tradizioni che raccontano la storia di una popolazione fatta di persone con origini diverse e con tradizioni diverse, che cercano comunque di comunicare tra di loro nel rispetto degli altri.
Sarebbe stato bello ad Alessandria fare dell’albero un momento comunitario, coinvolgendo le scuole ed i bimbi che le frequentano, anche se di religioni diverse, per decorarlo; sarebbe stato bello se l’albero avesse rappresentato le eccellenze cittadine: sarebbe stato un albero che parla di noi e della nostra città, del nostro passato e del nostro futuro. Invece questo albero alessandrino nuovo avrà pure un aspetto migliore del primo, ma rimane senza cuore, come lo era quello precedente, perché la popolazione non lo ha vissuto o ne ha visto solo l’aspetto esteriore con critiche e sfottò, anche usati per un tornaconto politico. C’è sempre tempo per cambiare…pensateci. Ci sarà un altro Natale.
Buone feste a tutti!