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    Morire
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    Claudia Pessarelli - redazione@alessandrianews.it  
    11 Ottobre 2015
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Morire a scuola senza un perché

    Negli Usa la libertà di avere armi è un diritto sancito dalla Costituzione, ma la legge fa acqua da tutte le parti. Come mamma e insegnante mi domando se capirei di avere uno studente come quello che ha fatto l’ultima strage

    Negli Usa la libertà di avere armi è un diritto sancito dalla Costituzione, ma la legge fa acqua da tutte le parti. Come mamma e insegnante mi domando se capirei di avere uno studente come quello che ha fatto l?ultima strage

    OPINIONI – Di nuovo: è successo un’altra volta. Un giovane è entrato nella classe dove anche lui era studente e con precisione e crudeltà ha ammazzato il professore e parecchi suoi compagni di classe, quei ragazzi che fino al giorno prima avevano condiviso quei muri e quei banchi con lui. Una carneficina.

    Oregon Umpqua Community College, era un giorno qualunque in un’università degli Usa. Wisconsin, Texas, Florida: poteva comunque succedere ovunque, perché la libertà di avere in casa (e anche addosso) armi è un diritto sancito dalla costituzione, ma la legge su chi quelle armi può comprarle, detenerle e quante ne può possedere, fa acqua da tutte le parti.

    E che qualcuno entri in una scuola o in un altro luogo pubblico e ammazzi innocenti di tutte le età, succede troppo spesso. E tutte le volte si sentono gli stessi proclami. E tutte le volte si vede un presidente Obama sempre più disperato, sempre più incanutito, lì a dire le stesse parole, che sono parole buttate al vento, perché niente cambia.  Si vedono i pianti dei familiari, degli amici, le veglie di preghiera, le fiaccolate; si sentono le storie dei sopravvissuti, poi dopo un po’ di giorni basta.

    E come mamma e come insegnante rabbrividisco forse ancora di più di altri per quanto accaduto. Penso a mia figlia, penso alla mia università, a quella dove va lei, a quelle dove vanno i figli dei miei amici. Potrebbe succedere da ogni parte. È successo in Oregon in un piccolo community college, dove vanno principalmente ragazzi della zona e anche tanti adulti che hanno ripreso a studiare per prendere un titolo di studio. È successo anche in una grande e prestigiosa università con molti studenti internazionali, come il Virginia Tech.

    Pur nello shock condiviso da tutti, se si ha un’esperienza diretta con i ragazzi negli Usa, si sa come dietro facce normali, vite qualunque che ti incrociano la strada per un semestre, si possano nascondere demoni terribili. Negli anni ho incontrato nella mia professione studenti con problemi. Nessuno di loro mi ha fatto mai minacce personali, anche se una volta avevo avvertito l’università perché le e-mail di uno studente erano un po’ strane e farneticanti e mi ero spaventata, molto!

    Però ne ho incontrati parecchi di studenti soli, confusi, diversi. Per carità, tutti ragazzi che ho cercato di capire e aiutare. Ho consolato pianti, ho dato possibilità extra di rifare esami, insomma non ho smesso di comportarmi da mamma anche tra le mura della classe, perché certe volte era solo di quello che avevano bisogno. Mi sono però sempre domandata se avrei mai capito se davanti a me si fosse trovato uno studente come quello che ha fatto l’ultima strage o le altre (le troppe precedenti) e se si sarebbe potuto fermare.

    L’insegnante uccisa al Virginia Tech alcuni anni fa aveva comunicato alla scuola i suoi sospetti, ma non era stato fatto niente. Chi era costui? Perché ha fatto fuoco e ha ammazzato persone innocenti? Nonostante tutto, nonostante i grandi network televisivi avessero giurato e spergiurato che non gli avrebbero fatto alcuna pubblicità, alla fine si è saputo troppo su di lui e sulla sua famiglia. Gela il sangue sapere che sui social network aveva preannunciato quanto voleva fare, dicendo che “lui era un nessuno e avrebbe finalmente avuto i suoi cinque minuti di notorietà”. Purtroppo gliel’hanno data, aveva ragione. Gela il sangue sapere anche altre cose, di cui non voglio parlare, perché le parole male interpretate sono armi altrettanto pericolose e non voglio essere parte di chi strumentalizza a suo vantaggio la morte di innocenti.

    Secondo me però non c’è né una componente razziale né religiosa in questa ennesima strage americana.
    Costui era un malato di mente a cui è stato dato il permesso legale di uccidere. Per questo motivo, visto che lui aveva regolare porto d’armi, c’è sicuramente qualcosa che non funziona nel processo che serve a determinare se la persona che richiede di comprare le armi sia sana di mente e sia in grado di capire.  Anzi mi domando se ci sia del tutto una valutazione psichiatrica fatta da professionisti su chi richiede il permesso di comprare un’arma (c’e` quello che si chiama Background check, ma è più un controllo sulla storia della persona per sapere se ha violato la legge o no).

    Ogni anno qui negli Usa bisogna fare il tagliando dell’auto per le emissioni: prendi un appuntamento, ti metti in fila, paghi il dovuto, fanno il controllo e se la macchina non supera l’esame, deve essere riparata. Punto. Allora fatemi capire, l’auto sì, deve essere controllata regolarmente altrimenti gli scarichi potrebbero farci male alla salute, ma uno che ha il permesso di avere armi in casa, poi va in depressione o magari emerge un disturbo di personalità non adeguatamente valutato (o rilevato), non va controllato regolarmente negli anni da un professionista per capire se con il porto d’armi è diventato un pericolo per se stesso e per gli altri? Magari si potrebbe iniziare con un “tagliando” di controllo per chi le armi le vuole detenere.

    Alcuni dicono che la percentuale di uccisioni in massacri è limitata rispetto al numero totale di morti da arma da fuoco, anche se esse fanno da cassa di risonanza al problema: ah bene, che meraviglia, diciamolo ai familiari di quei poveri ragazzi. Rimane il fatto che il numero di morti per arma da fuoco mette gli Usa in cima ad una ben poco invidiabile classifica, dove al secondo posto c’è lo Yemen, dove però c’è in corso una guerra civile.

    Perché il problema alla fine non è avere o no un’arma (sono contraria anche a quello, ma mi sa che poco potrà cambiare per due motivi principali: le lobby delle armi sono troppo potenti e bisogna cambiare la costituzione e limitare un diritto e quello negli Usa non si fa), ma chi quell’arma la può possedere e la facilita` con cui si può ottenere il permesso. Per quello forse qualcosa si dovrebbe poter fare, prima che succeda di nuovo.

     
    Avevo appena terminato di scrivere questo editoriale e lo avevo mandato in redazione per la pubblicazione. Lo avevo concluso con una speranza: che la legge potesse arrivare a fare qualcosa prima di un’altra strage. Non sono state stragi per fortuna, ma in un giorno, venerdì, ci sono state altre due sparatorie in due università diverse. Due studenti morti e parecchi feriti. Chi li ha uccisi? Altri studenti. Studenti che avevano armi con loro. Le notizie sono ancora confuse e poco ancora si sa. Rimane sempre più forte la necessità di urlare BASTA! Bisogna fare qualcosa… eppure ancora oggi, nonostante tutto, meno del 50% degli americani è in favore di leggi più restrittive sulle armi. Non aggiungo altro.
     
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