Accogliere non basta…
Esiste ancora l'Organizzazione delle Nazioni Unite? Che fine ha fatto l'idea di un governo mondiale? L'Onu ha compiuto settan'anni, ma in pochi se ne sono accorti. Spettatrice impotente dei conflitti che ammorbano il nostro tempo, l'Organizzazione è un soggetto che sembra sempre più fuori gioco
Esiste ancora l'Organizzazione delle Nazioni Unite? Che fine ha fatto l'idea di un governo mondiale? L'Onu ha compiuto settan'anni, ma in pochi se ne sono accorti. Spettatrice impotente dei conflitti che ammorbano il nostro tempo, l'Organizzazione è un soggetto che sembra sempre più fuori gioco
La questione qui si complica. Occorrerebbe anzitutto – ed è fin troppo evidente – un accordo organico e forte tra i Paesi membri dell’Unione Europea. Altrimenti il caos diventa ingestibile.
Da un lato, la Cancelliera che si fa i selfie con i richiedenti asilo, scene commuoventi di solidarietà spontanea che arrivano da ogni dove, e migliaia di donne e uomini scalzi che attraversano le nostre città per dare un segno tangibile di vicinanza ai migranti in marcia; ma dall’altro lato, anche scene di ordinaria follia, come la reporter che sgambetta un padre e il suo bambino in fuga, i panini tirati in mezzo alla folla come neanche si farebbe con delle bestie, i treni sigillati, le condizioni invivibili dei centri di accoglienza o di espulsione e gli sproloqui razzisti dei troppi xenofobi della vecchia Europa. Che è davvero a un bivio, e deve collegialmente ragionare della revisione del trattato di Dublino, del diritto d’asilo e della ripartizione obbligatoria dei migranti nei vari Paesi, nonostante le urla cupe dei vari Viktor Orban.
Evidentemente, l’annuncio di Berlino non può essere unilaterale. I profughi hanno un cammino lunghissimo da percorrere, e territori ostili da attraversare. Ce lo ricordano le scene drammatiche alla stazione di Budapest, la riottosità di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, i muri in Ungheria, in Macedonia e chissà dove altro ancora, la marea umana a Lesbo e i barconi alla deriva nel Mediterraneo.
A proposito, i dati diffusi dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, sono impressionanti. Nel 2015 già 432 mila persone hanno attraversato il Mediterraneo in cerca di una sorte migliore nell’Unione Europea, e 2738 sono annegate in mare. Un esodo che non si ferma e una tragedia che pare non aver fine.
Credo che sia proprio questo il punto. Può l’intera popolazione della Siria fuggire altrove? E ricordiamo che sono ormai milioni i profughi siriani, accolti per lo più negli Stati vicini, soprattutto in Libano e Turchia. Si possono svuotare uno Stato o addirittura un intero continente? È più saggio incentivare con promosse fragili l’esodo di interi popoli, o cercare di rimuoverne le cause prossime e remote?
Non si tratta, ovviamente, come facili slogan potrebbero far pensare, di aiutare i disperati “a casa loro”, perché molti una casa non ce l’hanno più o non riescono più a viverci. Si tratta, invece, di avere la capacità di uno sguardo più ampio, di agire con meno pressapochismo rispetto al passato – quante e quali le responsabilità dei bombardamenti americani e dell’interventismo cosiddetto umanitario dell’Occidente in giro per i mondo?! -, comprendere che una più equa redistribuzione del reddito su scala globale è sempre più urgente e imprescindibile, e rilanciare un’azione geopolitica sensata e concorde per contenere i deliri del terrorismo internazionale e dare risposte efficaci e concrete a chi non vede altra prospettiva se non una fuga infinita per terra o per mare.
Ma che cosa stanno facendo le Nazioni Unite? Che fine ha fatto l’idea di un governo mondiale? L’Onu ha compiuto settan’anni, ma in pochi se ne sono accorti. Spettatrice impotente dei conflitti che ammorbano il nostro tempo, l’Organizzazione è un soggetto che sembra sempre più fuori gioco. Eppure avrebbe un ruolo fondamentale. L’elefantiasi burocratica ed evidenti anacronismi, come il diritto di veto dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, stanno bloccando l’Istituzione. Della quale però non si può fare a meno. E ce lo ricorda con forza crescente proprio la tragedia dei profughi e l’esodo dei migranti cui stiamo assistendo sbigottiti.
Di fronte ad essa, è certamente prioritario garantire un’accoglienza degna e rispettosa per tutti e creare corridoi umanitari sicuri per le vittime delle guerre, in modo che non siano più alla mercé di cinici mercanti di morte. Ma non credo che questo possa bastare. Non credo che si possa prescindere da una soluzione politica complessiva. Non credo che si possa rimanere inerti di fronte alle brutalità intollerabili del cosiddetto Stato Islamico. Non credo, per concludere sulla questione siriana, che la via giusta sia l’intervento in ordine sparso che si sta delineando. Si è già mosso Putin, a sostegno del tradizionale alleato Bashar Al Assad. Si muoveranno anche Parigi e Londra, magari al fianco dei ribelli contrari al regime, a loro volta pesantemente ridimensionati dai jihadisti? E Washington che cosa farà? Ora e più che mai, è tempo di rilanciare il ruolo delle Nazioni Unite. O forse il tempo è già scaduto.