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    Renzi
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    Giancarlo Patrucco - redazione@alessandrianews.it  
    17 Giugno 2015
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Renzi 1 2 3

    Mi sorprendo della loro sorpresa. Quando sono usciti i risultati elettorali dei ballottaggi, lunedì scorso, quelli del Partito Democratico sembravano colpiti da un fulmine. Storditi, confusi, balbettanti, come se tutto si aspettassero fuorché questa debacle

    Mi sorprendo della loro sorpresa. Quando sono usciti i risultati elettorali dei ballottaggi, lunedì scorso, quelli del Partito Democratico sembravano colpiti da un fulmine. Storditi, confusi, balbettanti, come se tutto si aspettassero fuorché questa debacle

    OPINIONI – Che dire: mi sorprendo della loro sorpresa. Quando sono usciti i risultati elettorali dei ballottaggi, lunedì scorso, quelli del Partito Democratico sembravano colpiti da un fulmine. Storditi, confusi, balbettanti, come se tutto si aspettassero fuorché questa debacle. Eppure, i prodromi c’erano già stati prima. Mentre loro discettavano di 5 a 2, di 10 a 2, di sfondamento al Sud e comunque di una vittoria, già erano venute alla luce le debolezze: quelle intrinseche all’apparato del partito, quelle legate alle primarie (Paita e De luca, ad esempio), quelle riferibili agli ultimi due mesi di governo.

    Ne abbiamo parlato diffusamente due settimane fa, subito dopo lo spoglio del 1° turno, in un pezzo dal titolo Le elezioni di mezzo, nel quale abbiamo tratteggiato le difficoltà del partito in sede locale e quelle di Renzi in sede di governo. Chi volesse rinfrescarsi la memoria non ha che da andare a cercarselo e troverà lì, due settimane prima, buona parte dei motivi che hanno determinato gli insuccessi attuali.

    Ora, sembra che qualcuno, tra addetti e commentatori, ci stia tornando sopra, allargando e approfondendo il campo delle riflessioni da fare. Ci proveremo anche noi, qui, toccando alcuni aspetti specifici che ci sembrano nevralgici ma al momento ancora poco chiari.

    Cominciamo dalle vittorie del centrodestra e dalle vittorie dei 5 Stelle. Nel primo caso, sembra che Forza Italia si comporti come quei pugili suonati a cui fa bene il gong. Vanno all’angolo, tirano il fiato e, alla ripresa del combattimento, si rimettono a saltellare a centro ring. Ma intestarsi la vittoria di Venezia, dove il partito ha raccolto le briciole, è un tantino troppo. Meglio non esaltare oltre misura lo slogan secondo cui “il centrodestra unito vince”. Il centrodestra unito vince, solo se presenta candidati nuovi, che magari non hanno mai fatto della politica un mestiere e, anzi, hanno fatto tutt’altro. Berlusconi si ringalluzzisce? Buon per lui, però solo se fa come il Renzi del debutto: aria nuova e non aria fritta.

    Quanto ai 5 Stelle, vincitori di tutti i ballottaggi a cui hanno partecipato in Sicilia, vale per loro il vecchio detto “tra i due litiganti…”. Già, perché questi ballottaggi hanno chiaramente dimostrato che i 5 Stelle vincono quando arrivano in finale. Lì, se il loro candidato si confronta con uno del centrosinistra, i 5 Stelle possono godere dell’appoggio dell’elettorato di centrodestra. E, presumo, anche l’inverso. Bello l’Italicum, vero? Ora sappiamo che, qualora in sede nazionale si dovesse arrivare al ballottaggio tra 5 Stelle e Pd, la riconferma di Renzi non sarebbe scontata. Per niente.

    E cosa deve fare il Matteo, dunque? Lui dice, oggi, che deve tornare a fare il Renzi delle origini, il Matteo 1, perché il Matteo 2, quello che non ha tenuto in mano il partito, non ha rinnovato i quadri locali, ha lasciato fare alle primarie il lavoro di selezione della classe dirigente, è un Matteo perdente.

    In questa analisi c’è del vero. Effettivamente, la situazione ligure, quella campana e – perché no? – quella siciliana, quella romana, quella di porzioni non trascurabili di territori da sempre governati dalla sinistra, sta lì a dimostrarlo. Ma, se Renzi tornasse a fare il Matteo 1, commetterebbe un errore grave perché il Matteo 1 e il Matteo 2 sono due tempi del medesimo film. Nel primo, troviamo il Matteo decisionista, il rottamatore, quello che vuol portarci fuori dal tunnel facendo pagare il conto ai politici, ai finanzieri, agli intrallazzatori di mestiere, e si chiude con il taglio del nastro dell’Expo.. Nel secondo, quando lentamente usciamo dal tunnel e ci guardiamo intorno per vedere il mondo nuovo, ci troviamo davanti ancora rovine: il Paese preso d’assalto dai migranti, l’Europa che si volta dall’altra parte; gli scandali che dilagano fino a Mafia Capitale, tutti che litigano con tutti, tra autonomie locali, burocrazia statale, alti gradi della Magistratura, fazioni interne del Pd e della maggioranza E Renzi che, per soprammercato, se la prende proprio con quelli che ne possono di meno, insegnanti e pensionati. Guarda caso, le due categorie dove il Pd è più radicato. O devo dire “era”?

    Quindi, consiglierei a Renzi di non replicare né il Matteo 1 né il Matteo 2. Provi col Matteo 3. Aggiusti i guai che ha contribuito a fare. Come ama dire lui, in fretta per favore.

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