Il nome del padre. Ritratto delle cose di Francia (e di Padania)
La politica francese non è sempre facile da decifrare. Eppure è affascinante. Il Front National si è rapidamente trasformato da partito di estrema destra parafascista a forza politica credibile e autorevole, capace di convincere e conquistare la maggioranza relativa degli elettori francesi
La politica francese non è sempre facile da decifrare. Eppure è affascinante. Il Front National si è rapidamente trasformato da partito di estrema destra parafascista a forza politica credibile e autorevole, capace di convincere e conquistare la maggioranza relativa degli elettori francesi
Ma la politica francese, e lo dico proprio da politologo, non è sempre facile da decifrare. Eppure è affascinante. Stupisce, ad esempio, che un uomo che appare piuttosto mediocre come François Hollande sia diventato Presidente. Che il suo predecessore, Nicolas Sarkozy, caduto pesantemente in disgrazia al termine del suo mandato, sia ora tornato prepotentemente alla ribalta, come hanno attestato le elezioni amministrative di marzo. Affascina anche la galassia della Gauche, con la sua storia gloriosa, la sua condanna a disperdersi in mille rivoli, ma anche la sua capacità di resistere, di ritornare periodicamente in auge, e di riuscire talora a parlare addirittura a una sola voce, come nel caso recente del Front de Gauche guidato da Jean-Luc Mélenchon.
Ma in questi mesi, e in questi giorni in particolare, è l’altro fronte a occupare la scena. Quel Front National che si è rapidamente trasformato da partito di estrema destra parafascista a forza politica credibile e autorevole, capace di convincere e conquistare la maggioranza relativa degli elettori francesi. Una trasformazione non indolore però, complicata come noto da una sfida che si gioca tutta in famiglia. Il fondatore e la figura storica di riferimento di quel partito, quella specie di orco di Jean-Marie Le Pen, ha fatto di nuovo parlare di sé. In un intervista video ha ribadito una sua opinione scellerata che già in passato scatenò polemiche e accuse, secondo la quale le camere a gas sarebbero solo un dettaglio della seconda guerra mondiale. E in un’intervista pubblicata su un giornale che alcuni stessi leader frontisti definiscono una “cartaccia ignobile”, ecco il consueto campionario di razzismo, antisemitismo, omofobia e provocazioni varie, fino alla difesa del regime collaborazionista di Vichy guidato dal maresciallo Philippe Pétain.
La figlia Marine, che ha “ereditato” il Front dal padre nel 2011, interviene emozionata al telegiornale nazionale in prima serata e scomunica l’ingombrante genitore, annunciando l’apertura nei suoi confronti di una procedura disciplinare, di fatto estromettendolo dalla sua creatura (sulla quale – notiamo incidentalmente – si sono posati nel frattempo gli occhi della magistratura, che ha aperto un’inchiesta per finanziamenti illeciti). Il vecchio Jean-Marie reagisce in modo aggressivo, non intende affatto farsi da parte e suggerisce che la sua vera erede è la nipote Marion, non la figlia rinnegata, che cercherebbe solo un’immagine più presentabile e politicamente corretta (vivaddio!).
Come andrà a finire questa vicenda dinastica? È relativamente importante. A me piace sottolineare come Marine sembri (giustamente) vergognarsi degli eccessi xenofobi, antisemiti e fascistoidi del padre. È solo tattica elettorale? Un tentativo di portare a compimento la “dédiabolisation” del Front National? Può darsi, ma intanto questo è il messaggio che viene proposto anche da un partito proveniente dalla destra radicale: l’odio e i pregiudizi non sono temi sui quali far leva per vincere le elezioni (o almeno non più di tanto, e non oltre una soglia di umana decenza). Se ci si vuole accreditare in un sistema democratico bisogna capire e applicare la democrazia, e riuscire ad andare un po’ oltre alle paure del proprio popolo.
Dovrebbero fare attente valutazioni – se solo ne fossero capaci – gli alleati nostrani della Destra francese. E invece quel tal Matteo Salvini da Milano continua a soffiare sul fuoco: disperati da respingere in mare, campi rom da radere al suolo, e altre amenità di tal fatta. E sui social e in rete i suoi squallidi imitatori di seconda fila paiono non avere più alcun pudore a palesare pubblicamente il proprio razzismo anche nelle forme più estreme, a dire cose indicibili con inquietante disinvoltura. Non solo capi e capetti, ma anche gente comune, che magari dietro a un codardo anonimato, si lancia in deliri xenofobi, ostenta disprezzo della dignità umana, e rigetta un qualunque senso di solidarietà ed empatia. Politici furbi e cialtroni alimentano questo tragico (mal)costume, e il sistema mediatico, con gravi responsabilità, amplifica il tutto, e lavora con tenacia ad accreditare e rafforzare la leadership dei cattivi da contrapporre ai “buonissimi” riformatori, in modo da assicurare a questi ultimi il trionfo elettorale per i prossimi lustri (con buona pace di chi cerca una vera alternativa). Un calcolo spregiudicato e miope, a cui le persone di buon senso si devono sottrarre.
Speriamo che l’approssimarsi del settantesimo anniversario della Liberazione – che non si deve ridurre a vuota e retorica celebrazione di un passato lontano, ma che deve essere un giorno di lotta e di nuova resistenza – sottragga la scena almeno per un po’ sia allo psicodramma nazionale lepenista sia al parossismo xenofobo dei fascio-leghisti.
Buon 25 aprile!