Lavoro e responsabilità
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Lavoro e responsabilità

La quasi totalità dei ragazzi americani dai 16 anni in su ha un lavoro soprattutto per imparare ad essere responsabile e a maneggiare il denaro. Ma se non vai bene o non servi più l’indomani sei a casa, senza appello

La quasi totalità dei ragazzi americani dai 16 anni in su ha un lavoro soprattutto per imparare ad essere responsabile e a maneggiare il denaro. Ma se non vai bene o non servi più l?indomani sei a casa, senza appello

OPINIONI – Mia figlia mi ha detto che sta cercando lavoro, che è già tardi per lei iniziare ora a lavorare, ma non può più rimandare, altrimenti il suo curriculum ne soffrirebbe. Mia figlia ha 19 anni e fa il primo anno di università. Sta cercando lavoro per quest’estate e sta cercando un lavoro da fare anche durante l’anno accademico. A differenza sua che non ha mai lavorato, se non saltuariamente, fino ad ora, poiché d’estate si veniva in Italia e durante la scuola abbiamo sempre dato priorità allo studio con una mentalità ancora molto italiana (“Prima lo studio, poi tutto il resto”), la quasi totalità dei ragazzi americani dai 16 anni in su, cioè da quando diventano indipendenti con una patente in mano per potersi muovere, ha un lavoro.

Nella nostra zona, generalmente benestante, il lavorare ha soprattutto lo scopo di imparare ad essere responsabili oltre ad insegnare a maneggiare il denaro e il suo valore. Statisticamente poi si è visto che il lavoro,anche fatto dopo la scuola ogni giorno, magari per due ore al giorno, non peggiora i risultati scolastici, anzi li migliora. A questo si aggiunge il togliere certi grilli per la testa, che chi ha troppo tempo a disposizione, può avere. Ora, non fraintendetemi, lo stesso risultato lo si ottiene se un giovane è coinvolto in altre attività extra scolastiche, come attività sportive o musicali oppure se fa volontariato!

All’università invece diventa importante avere un vero lavoro. Il futuro datore di lavoro, quello del dopo laurea, quello che assumerà per gli studi fatti e le conoscenze specifiche, vedrà di molto buon occhio ogni lavoro precedente, qualsiasi lavoro. Per questo motivo la quasi totalità dei miei studenti dell’università lavora. L’università stessa mette a disposizione parecchi posti di lavoro: gli studenti sono presenti in tutti gli uffici e in tutte le posizioni. Le università americane sono praticamente delle “città” autosufficienti: hanno uffici postali, radio-televisioni, giornali, dormitori, uffici di pubbliche relazioni, mense, pronto soccorso, palestre, biblioteche, negozi, cinema, e la lista potrebbe continuare ancora per molto, ma alla fine quello che conta è che la prima persona che si incontra in ogni postazione è uno studente. Al di fuori dell’università è la stessa cosa: i camerieri dei ristoranti sono per la maggioranza studenti, così come i cassieri dei negozi, i magazzinieri ect ect.

Sti ragazzi si fanno un discreto fondello: è un po’ la mia paura (la mamma italiana iperprotettiva esce fuori!) che mia figlia non si trovi sopraffatta da troppe responsabilità perchè alla fine è vero che lo studio è il motivo per cui è all’università e di ore di studio ne fanno tante. Era già studiare tutte le sere fino alle 23,30 al liceo… Mia figlia è venuta a casa due settimane fa e, dopo aver spulciato le offerte di lavoro della zona, ha fatto un colloquio ed è stata assunta. Vuol dire che andrà a lavorare lì? Non è detto! Mancano ancora due mesi, c’è tempo per guardarsi ancora in giro e scegliere. È facilissimo vedere fuori da esercizi commerciali la scritta “We are hiring” (assumiamo).

Whoa, gli Usa: è il paese di Bengodi. Trasferiamoci tutti lì! Calma! Non è tutto oro quel che luccica… Per prima cosa, se non vai bene o non servi più l’indomani sei a casa, senza appello e lo stesso succede se non ti piace il lavoro, te ne vai senza strascichi di sorta. Arrivederci e grazie… Il trattamento pensionistico non esiste e la cosa è accettata da tutti, come non c’è assistenza medica per chi fa quel tipo di lavoro (il discorso sulle pensioni è lungo, così come quello sull’assistenza medica, eventualmente sarà per un’altra volta).

I ragazzi che fanno questi lavori non hanno nessun bonus, vengono pagati ad ora, per le ore che fanno. La paga oraria è quella minima (si chiama Minimum Wage) che varia da stato a stato e qui è 7.50$… Alla fine i ragazzi guadagnano così poco che non serve a loro neanche fare la dichiarazione dei redditi. Insomma in questo modo, secondo la mentalità italiana, il lavoratore è sfruttato, secondo la mentalità americana ci si rimbocca le maniche e si cerca un altro lavoro o più di un lavoro contemporaneamente.

È giusto? Forse no, specialmente per chi deve sostenere una famiglia.  Ma è giusto quello che succede in Italia, dove l’immobilismo non apre nuove possibilità? Dove non si può quasi licenziare o licenziare costa di più che lasciare per anni i lavoratori in cassa integrazione? Dove facendo così non si fa che aumentare il lavoro in nero? Dove i giovani non trovano lavoro neanche a trent’anni e vivacchiano alle spalle dei genitori?

Io non conosco nessun figlio di amici che durante l’estate abbia la possibilità di lavorare (se non lavorare come intrattenitore per associazioni tipo parrocchie o boyscout) e men che mai durante l’inverno. Di chi è la colpa? Dei giovani che sono viziati e non si abbasserebbero a pulire dei pavimenti, dall’alto dei loro studi universitari, o della legge che non permette di assumere alla luce del sole perchè ci sono troppi cavilli, protezioni e spese da parte del datore di lavoro?

A voi la risposta.

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