Cinghiali, il parco Capanne adotta il nuovo piano di gestione
Il vecchio piano si concluderà il prossimo 26 aprile. Il parco naturale delle Capanne di Marcarolo ha quindi adottato un nuovo piano per la gestione del cinghiale, specie problematica in particolare per quel che riguarda i danni alle colture agricole. Un progetto che rappresenta la continuazione di quelli già avviati dal 2004
Il vecchio piano si concluderà il prossimo 26 aprile. Il parco naturale delle Capanne di Marcarolo ha quindi adottato un nuovo piano per la gestione del cinghiale, specie problematica in particolare per quel che riguarda i danni alle colture agricole. Un progetto che rappresenta la continuazione di quelli già avviati dal 2004
“La strada che stiamo portando avanti è quella che stiamo seguendo da una decina di anni – conferma Gabriele Panizza, funzionario tecnico che opera all’interno dell’area protetta e che si è occupato della redazione della parte scientifica del piano – I risultati confermano che i piani stanno funzionando e evidenziano l’importanza di un sistema strutturato di gestione del cinghiale. I parchi stanno facendo la loro parte, mettendo a punto tecniche sperimentali per la gestione della specie. Tecniche che ci si augura vengano prese in considerazione dalla Regione Piemonte“.
Per i prossimi cinque anni, i capi che si potranno abbattere saranno al massimo 100 all’anno. “Questo valore rappresenta un dato da non superare – sottolinea Panizza – per cui si potrà avere un massimo di 500 animali abbattuti in cinque anni. Sparisce quindi il vincolo per l’ente parco di raggiungere una certa quota di abbattimenti, come previsto in passato. Dobbiamo ricordare che siamo in una fase di gestione ordinaria del cinghiale e non più di emergenza e inoltre non dobbiamo influire negativamente, con un prelievo eccessivo, sulla disponibilità di prede del lupo, favorendo così un corretto equilibrio ecologico complessivo”. Il cinghiale rappresenta infatti l’ungulato maggiormente presente nella dieta del predatore Canis lupus in questo settore dell’Appennino.
Il piano di gestione 2015-2020 prevede inoltre che le aree agricole siano continuamente presidiate, per evitare il più possibile danni alle colture, e che ci siano interventi mirati nelle altre zone.
Le modalità con cui si intende controllare e gestire la specie Sus scrofa non divergono rispetto al passato: appostamenti, utilizzo delle gabbie trappole e, dove possibile, di recinzioni elettriche per preservare le aree agricole, fino ad arrivare alla girata, tecnica di caccia che viene utilizzata in via eccezionale. “Negli anni si è sviluppato un importante rapporto di collaborazione anche con i cacciatori – conclude Panizza – che si sono rivelati fondamentali nel presidio delle cascine, le catture e lo scambio dei dati. Ci avvaliamo inoltre di operatori specializzati, che sono gli ex selecontrollori”.