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La nuova rete ospedaliera: “giusto protestare”
Oggi, lunedì, la giunta regionale varerà il piano di riordino della rete ospedaliera che declassa Acqui e Tortona. Ravetti, presidente della commissione sanità: E' un obbligo di legge ma capisco gli amministratori che manifestano il loro dissenso [INFOGRAFICA]
Oggi, lunedì, la giunta regionale varerà il piano di riordino della rete ospedaliera che declassa Acqui e Tortona. Ravetti, presidente della commissione sanità: ?E' un obbligo di legge ma capisco gli amministratori che manifestano il loro dissenso? [INFOGRAFICA]
In pratica, nella provincia di Alessandria saranno hub i nosocomi di Alessandria, Casale e Novi. Declassati a spoke gli ospedali di Acqui e Tortona, resta come ospedale di area disagiata quello di Ovada. Tutto cambia per non cambiare nulla. “Se il timore è che chiudano gli ospedali di Acqui, Tortona e Ovada, non sarà così”, assicura Domenico Ravetti, consigliere regionale del Pd e presidente della commissione sanità (foto in basso a destra) che ha messo a punto il piano di riordino presentato oggi in giunta.
L’obiettivo del piano è duplice: risparmiare da un lato, rendere più efficiente il sistema dall’altro. Come? Lo chiarisce la Regione: gli obiettivi per il territorio sono quelli di “riconvertire l’ospedale e potenziare il territorio; creare una piattaforma tecnologica comune, raccordare le fasi di emergenza-urgenza con la continuità territoriale”.
Il punto è, spiega Ravetti, “che per il 2015 non potremmo spendere un centesimo in più, a livello regionale, di 8 miliardi di euro”. Nel 2014 la Regione ha speso 8,3 miliardi. Lo impone il piano di rientro concordato da Torino con il ministero della Salute, “pena il commissariamento della Regione”. Lo impone anche il famigerato Patto per la Salute che ha stabilito come gli hub debbano avere almeno tre servizi essenziali: il punto nascite, la neurologia e la cardiochirurgia.
“Nel momento in cui sono stati soppressi i punti nascite di Tortona ed Acqui in favore di quello di Novi, la scelta per noi è stata obbligata”. Male hanno fatto, quindi, a suo tempo, i territori di Acqui e Tortona a cedere. “Io lo dico francamente, se fossi un cittadino di uno dei due centri sottoscriverei la protesta. Sono state fatte scelte più o meno consapevoli da parte degli amministratori e ora non possiamo fare marcia indietro, perchè c’è un piano di rientro che ci vincola”.
Le strutture declassate, torna a ripetere Ravetti, “non chiuderanno, avranno altre professionalità”.
In compenso, “si dovranno sviluppare al meglio i servizi territoriali”. Lo dice la legge, ma lo dice anche il buon senso. La Regione indica come “alternativa al ricovero, il potenziamento della continuità assistenziale, l’ospedalizzazione a domicilio, l’assistenza domiciliare integrata”, puntando sul ruolo e funzione delle attività socioassistenziali, le Rsa, e il volontariato.
Insomma, meno ospedale, più territorio, tanto più in una provincia dove l’età media è elevata. Nei bacini di 30 mila abitanti “occorrerà sviluppare ulteriormente politiche territoriali”, aggiunge Ravetti. Da leggersi come potenziamento, dove ci sono, delle case della salute o la creazione di nuove. Questo nei programmi, almeno. Si tratterà poi di tradurli in pratica, senza spendere un euro in più.
Il piano di rientro e la crisi tagliano di fatto la testa ai progetti per il nuovo ospedale alessandrino, rispolverato recentemente dai sindacati nel corso di un convegno che si è svolto al teatro Parvum di Alessandria. “Sono disponibile a sognare – dice Ravetti – ma per ora se si riuscirà a sbloccare risorse per l’edilizia ospedaliera, saranno utilizzate per consolidare l’esistente. Una volta consolidato il sistema, potremo riparlarne”. Ma lo dice per non uccidere anche il sogno, oltre al progetto. Resta nel capitolo sogni anche l’unificazione tra Aso (aziende ospedaliere) e Asl, (azienda sanitaria) che continueranno a vivere su binari vicini ma paralleli.
Oggi la giunta prenderà in esame nel dettaglio il piano predisposto dai lavori della commissione. Il 20 novembre, poi, ci sarà un nuovo incontro tra il Piemonte e il Ministero per fare il punto della situazione sul piano di rientro e c’è la speranza che i cordoni si possano allentare. Per parlare di territorio, la Regione darà avvio a tavoli sul territori, con sindacati, amministrazioni, operatori e il cosiddetto terzo settore, le cooperative in vista del Patto Sociale triennale, mentre il piano sanitario sembra non essere destinato a cambiare.
“Nel momento in cui sono stati soppressi i punti nascite di Tortona ed Acqui in favore di quello di Novi, la scelta per noi è stata obbligata”. Male hanno fatto, quindi, a suo tempo, i territori di Acqui e Tortona a cedere. “Io lo dico francamente, se fossi un cittadino di uno dei due centri sottoscriverei la protesta. Sono state fatte scelte più o meno consapevoli da parte degli amministratori e ora non possiamo fare marcia indietro, perchè c’è un piano di rientro che ci vincola”.
Le strutture declassate, torna a ripetere Ravetti, “non chiuderanno, avranno altre professionalità”.
In compenso, “si dovranno sviluppare al meglio i servizi territoriali”. Lo dice la legge, ma lo dice anche il buon senso. La Regione indica come “alternativa al ricovero, il potenziamento della continuità assistenziale, l’ospedalizzazione a domicilio, l’assistenza domiciliare integrata”, puntando sul ruolo e funzione delle attività socioassistenziali, le Rsa, e il volontariato.
Insomma, meno ospedale, più territorio, tanto più in una provincia dove l’età media è elevata. Nei bacini di 30 mila abitanti “occorrerà sviluppare ulteriormente politiche territoriali”, aggiunge Ravetti. Da leggersi come potenziamento, dove ci sono, delle case della salute o la creazione di nuove. Questo nei programmi, almeno. Si tratterà poi di tradurli in pratica, senza spendere un euro in più.
Oggi la giunta prenderà in esame nel dettaglio il piano predisposto dai lavori della commissione. Il 20 novembre, poi, ci sarà un nuovo incontro tra il Piemonte e il Ministero per fare il punto della situazione sul piano di rientro e c’è la speranza che i cordoni si possano allentare. Per parlare di territorio, la Regione darà avvio a tavoli sul territori, con sindacati, amministrazioni, operatori e il cosiddetto terzo settore, le cooperative in vista del Patto Sociale triennale, mentre il piano sanitario sembra non essere destinato a cambiare.