Tagli alla sanità: “ma Acqui, Ovada e Tortona non moriranno”
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Irene Navaro - irene.navaro@alessandrianews.it  
15 Novembre 2014
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Tagli alla sanità: “ma Acqui, Ovada e Tortona non moriranno”

Le proposte dei sindacati per una sanità che rimetta al centro il welfare al convegno organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Resta la preoccupazione per i “tagli lineari”. Ravetti (commissione sanità in consiglio regionale): “il declassamento di Acqui e Tortona erano inevitabili, siamo vincolati dal Patto Salute”

Le proposte dei sindacati per una sanità che rimetta al centro il welfare al convegno organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Resta la preoccupazione per i ?tagli lineari?. Ravetti (commissione sanità in consiglio regionale): ?il declassamento di Acqui e Tortona erano inevitabili, siamo vincolati dal Patto Salute?

PROVINCIA – E’ come mettere insieme un puzzle dove i pezzi non combaciano quasi mai pensare al quadro della sanità nel prossimo futuro. Ci hanno provato – fornendo spunti e progetti – i sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori di un convegno dal titolo “Salute bene primario”. Il dilemma lo ha sintetizzato segretario regionale Uil Franco Lo Grasso: i cittadino rivendicano il giusto diritto ad avere servizi migliorim, ma non possono essere, dall’altro lato, spremuti nel portafoglio. I confederati, insomma, una loro propria piattaforma l’hanno presentata e ora chiedono un confronto con la politica e le amministrazioni che saranno chiamati a breve a varare il piano di riordino regionale.
Lunedì in regione la giunta di Sergio Chiamparino voterà infatti il piano di riordino ospedaliero previsto in applicazione del “patto della salute” nazionale (era l’epoca del governo Monti) che prevede la riduzione in tutta la regione a 6 ospedali “hub”, principali, mentre gli altri saranno “declassati”. Oltre al Santi Antonio e Biagio (che comunque è un azienda ospedaliera), restano ospedali di riferimento quelli di Novi e Casale, mentre “retrocedono” Acqui e Tortona. Ovada si salva per il rotto della cuffia in quanto area disagiata. Inevitabile la levata di scudi da parte dei sindaci delle realtà declassate.
Il riordino non era il tema principale del convegno, che voleva invece affrontare l’argomento sanità a 360°, ma il consigliere regionale di maggioranza, Domenico Ravetti, intervenuto come relatore, non ha potuto evitare di parlarne. “E’ stata una decisione inevitabile nel momento in cui la precedente giunta ha rinunciato al punto nascita di Acqui e Tortona. Quel servizio è infatti uno dei requisito previsti dalla legge per essere ospedale di riferimento”, ha spiegato.
Il convegno, però, è andato oltre alla polemica ed ha fornito elementi utili per un dibattito più ampio. Purchè – è il rischio – non resti un dibattito sulla carta, visto che di risorse ce ne saranno davvero poche.
Cgil, Cisl e Uil chiedono di “pensare alla salute” e al “benessere” con un investimento e non una spesa, partendo quindi dalla prevenzione, come forma di “risparmio”. Chiedono che la nuova sanità tenga conto “del mutamento delle condizioni epidemiologiche e demografiche della popolazione (nuove cronicità, invecchiamento, non autosufficienza, immigrazione)”. Occorre “ridefinire il rapporto ospedale-territorio” potenziando le attività di prevenzione, cura e riabilitazione svolte dai servizi territoriali, potenziando l’offerta di continuità assistenziale e di assistenza post acuta”; ripensare al ruolo dei medici di base.
“La crisi ha cambiato il territorio – spiega Anna Maria Avonto, direttore dei Servizi Socio – Assistenziali di Casale – Povertà e non autosufficienza sono in crescita e raggiungono il 40% negli ultra 65enni”. Crescono le richieste di intervento nei confronti dei minori, aumentano le famiglie che scelgono di curare gli anziani a casa “perchè la pensione di accompagnamento è un introito”.
Suggerisce spunti, o “suggestioni” come le definisce lui stesso, Vittorio Demicheli dirigente Asl: “poniamoci obiettivi misurabili, obiettivi di salute e qualità della vita” e, in generale, non accettare il parallelismo tra “risparmio” uguale a “meno posti letto”, chiedendo alla politica di tornare a guardare al welfare come un valore e non come un costo.
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