Agricoltori: ciò che spaventa di più ora è il rischio idrogeologico
Dopo lalluvione di metà ottobre i terreni sono ancora più vulnerabili. Per evitare esondazioni anche il canale Carlo Alberto è stato chiuso. Campi nuovamente allagati e molte aziende in stato di allerta
Dopo l?alluvione di metà ottobre i terreni sono ancora più vulnerabili. Per evitare esondazioni anche il canale Carlo Alberto è stato chiuso. Campi nuovamente allagati e molte aziende in stato di allerta
E, mentre a Spinetta Marengo il Rio Lovassina è uscito dal suo corso arrecando disagi alla circolazione, si torna a temere per il comune di Gavi, il paese del celebre vino bianco Docg, dove ieri sera alcune famiglie del centro abitato addossato alla collina del Forte a sono state addirittura evacuate per precauzione. Le piogge che stanno interessando le zone del Novese e del Tortonese, assommate ai danni dell’alluvione del 13 ottobre, stanno infatti provocando ulteriori dissesti al territorio. Non si contano gli allagamenti delle provinciali e il torrente Grue in particolare, continua ad essere sorvegliato speciale.
“Si tratta di una condizione che crea forte preoccupazione infatti – afferma il presidente provinciale Coldiretti Roberto Paravidino – i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con trombe d’aria, grandinate e vere e proprie bombe d’acqua, si abbattono su un terreno reso più fragile dalla cementificazione e dell’abbandono delle aree marginali, ma anche della mancanza di programmazione adeguata che valorizzi il ruolo di chi vive e lavora sul territorio come gli agricoltori”.
“A questa situazione – continua il direttore della Coldiretti alessandrina Simone Moroni – non è infatti certamente estraneo il fatto che un modello di sviluppo sbagliato ha tagliato del 15 per cento le campagne e fatto perdere negli ultimi venti anni. 2,15 milioni di ettari di terra coltivata determinante nel mitigare il rischio idrogeologico. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio, ossia 288 ettari, che vengono abbandonati o occupati dal cemento che non riesce ad assorbire la violenta caduta dell’acqua”.