Quello spiacevole episodio in corsia
Ci scrive un ovadese rimasto coinvolto in uno spiacevole episodio all'ospedale di Alessandria. Un'incomprensione accaduta in un momento assai delicato.
Ci scrive un ovadese rimasto coinvolto in uno spiacevole episodio all'ospedale di Alessandria. Un'incomprensione accaduta in un momento assai delicato.
Con la presente sono a segnalarVi un fatto accaduto presso il reparto di terapia semiintensiva della Pneumologia. Sbagliando, e sottolineo “sbagliando”, io e la mia compagna ci siamo recati al capezzale di suo papà (sig. A. R.) perché nel pomeriggio i famigliari sono stati informati del peggioramento dello stato di salute e del conseguente trattamento con morfina. La figlia aveva finito il proprio turno di lavoro all’outlet di Serravalle Scrivia e non sapendo se avrebbe rivisto il padre in vita, ha deciso di andare (assolutamente fuori orario) a fargli visita.
Io l’ho raggiunta. In camera, io e la mia compagna, eravamo in assoluto silenzio a guardare questa persona morente, nessun rumore a parte il vociare degli infermieri. A un certo momento appare sulla porta il dottor G., senza alcun camice o comunque cartellino di riconoscimento, il quale ad alta voce ci intima di lasciare la stanza. Alla mia richiesta di sapere chi fosse, mi rispondeva: il medico. (Omettendo di presentarsi con nome e cognome). Rispondevo che comunque mi sarei rivolto alla Direzione Sanitaria per evidenziare la problematica.
A questo punto uscivo dalla stanza e mi scusavo con il “medico dal profondo lato umano” e abbandonavo il reparto. Ho atteso la mia compagna per dieci minuti, dopodiché quando è uscita, mi riferiva che il “medico dal profondo lato umano” le ha detto che se io fossi andato in Direzione Sanitaria lo avrebbe fatto anche lui. Nessun problema, non abbiamo nulla da nascondere.
Pur sbagliando, per essere andati fuori orario, a visitare, per forse, l’ultima volta, una persona morente, mi aspettavo un po’ di elasticità mentale da parte di chi, oltre a salvare la vita alle persone, dovrebbe cercare di alleviare il dolore dei famigliari. Scusate lo sfogo, ma in tutta onestà non credevo di poter dare fastidio, restando in rispettoso silenzio, a un reparto delicato come questo. Ripeto: gli unici “rumori molesti” sono stati il vociare degli infermieri e la voce imperativa del dottor G.
Comunque uno sfogo inutile, visto che il sig. A. R. questa mattina è venuto a mancare dopo poche ore.
Grazie nuovamente al “medico dal profondo lato umano” che non ha permesso un saluto adeguato di una figlia al padre.
La risposta del dottor G. è la seguente:
Il vociare degli infermieri, altro non era che il passaggio di consegna. Inoltre ci sono orari di visita legati alle esigenze di reparto e aziendali, le deroghe, normalmente vengono concesse in casi come questo. Tali richieste, però, devono essere vagliate dal sottoscritto perché non è fattibile che i parenti abbiano accesso in qualunque ora del giorno o della notte.
Il tono della mia voce era adeguato al rapportarsi del sig. S. W.
Il colloquio con la figlia del paziente è durato circa trenta minuti e in quella occasione è stata informata che, in considerazione delle condizioni del paziente preterminali, avrebbe potuto stare tutta la notte al capezzale del genitore, previo permesso da me accordatogli accompagnata dall’infermiera di turno (opzione che la figlia non ha ritenuto di scegliere). Tali spiacevoli episodi si possono evitare e gestire in altro modo utilizzando correttamente le regole del buon comportamento.
Sarebbe stato sufficiente fare richiesta o comunicare al Personale di servizio la volontà di assistere il paziente, permesso che viene concesso quotidianamente.