Il laboratorio che non t’aspetti nell’ex clinica veterinaria
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Edoardo Schettino - redazione@ovadaonline.net  
8 Dicembre 2013
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Il laboratorio che non t’aspetti nell’ex clinica veterinaria

Valentina Boracchi è un'esperta restauratrice di sculture in legno. Le sue mani hanno fatto rivivere le statue della chiesa di Santa Limbania

Valentina Boracchi è un'esperta restauratrice di sculture in legno. Le sue mani hanno fatto rivivere le statue della chiesa di Santa Limbania

CREMOLINO – Guidate oltre Cremolino, in direzione Acqui, per due tornanti. Sulla sinistra si apre uno stradino stretto in discesa. Cento metri, altri cinquanta di sterrato e vi si aprirà un terrazzo naturale sulla collina che degrada verso Acqui. In questo scenario lavora Valentina Boracchi, artigiana esperta del recupero di sculture in legno, già insignita nel 2000 del riconoscimento di eccellenza artigiana da parte della Regione. «Venite nella stagione sbagliata – ci accoglie – d’estate qui è pieno di fiori». Eppure, in una giornata soleggiata, le tonalità di giallo e verde acceso del tardo autunno non sono così male. Così come il profilo del castello, visto dal basso. Anche la storia del suo laboratorio è insolita.

Il casale in legno era nato per essere una clinica veterinaria. Uno dei piani di lavoro è stato ricavato sul tavolo dove venivano effettuate le operazioni chirurgiche. Valentina ci è arrivata nel 2005. A poco a poco ha creato l’atelier, arredato con i mobili che nascono, o meglio rinascono, nelle stanze accanto: materiali di recupero e soluzioni esclusive sono il mix di partenza. «Il restauro è una mia passione personale – racconta Valentina – Ho frequentato l’accademia di restauro di Firenze a Palazzo Spinelli. Poi sono andata a Milano. Le prime esperienze le ho fatte a Milano, lavorando per il laboratorio di Luca Quartana, mettendo a punto le tecniche di lavoro sul legno e di doratura. Il lavoro arriva soprattutto dalla collaborazione con le Soprintendenze di Torino e Genova, ma anche da collezionisti privati che arrivano qui per passa parola».

Se andate a Rocca Grimalda, nella chiesa di Santa Limbania, troverete una scultura della Madonna del Carmine e una di Sant’Antonio da Padova che da qualche mese hanno recuperato il loro aspetto originario assieme al Gesù bambino e a un inginocchiatoio. Inutile dire che prima dell’avvio dei lavori erano in uno stato di pesante degrado. 

«Il legno – ci racconta Valentina – era molto deteriorato, consumato dalle muffe e attaccato dagli insetti tanto che al tatto si presentava quasi spugnoso. La prima cosa è stata capire, con l’uso della radiografia in che stato era il materiale all’interno, in particolare del busto del Sant’Antonio e del corpo del Gesù. Dopodiché l’opera è stata sottoposta a due diversi processi di consolidamento. Il passaggio successivo è stato la ripulitura dalla polvere e dalle ragnatele facendo attenzione a non eliminare la colorazione originale».

Il lavoro minuzioso, portato avanti con micro pennelli e aspiratori, oltre alla necessaria manualità, ha permesso di recuperare la colorazione originale, in molti punti ben conservata.  Anche la chiesa di Carpeneto, in particolare i tre portoni della facciata principale del 1700, hanno ore un aspetto diverso dopo l’operazione di recupero.

Ma l’ex clinica, per Valentina non è solo luogo di lavoro. Non di rado all’interno dei locali vengono organizzate mostre e veri e propri corsi, dedicati a chi vuole imparare l’arte del restauro dal nulla, immergersi in questa nuova esperienza, tra pennelli e momenti di confronto, così diversa dalla vita di tutti i giorni. Racconta: «Ho cominciato a organizzare questi eventi [le lezioni spesso si accompagnano a piccoli concerti e spettacoli; ndr] perché era un modo efficace di attrarre potenziale clientela. Poi mi sono accorta che è di aiuto poter interagire con persone che hanno maggiore conoscenza, anche se parliamo di rudimenti, del lavoro che andrai a eseguire». Internet sopperisce alla mancanza di visibilità, specie dalle nostre parti. «Sul territorio ci sono grandi artigiani che sanno fare cose importanti. A volte però è difficile farsi notare. Credo che potrebbe servire uno spazio permanente per poter mettere in mostra quello che creiamo. Una mostra saltuaria serve a poco».

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