Ilva, la Corte Costituzionale rigetta i ricorsi
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Redazione - novionline@novionline.net  
14 Febbraio 2013
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Ilva, la Corte Costituzionale rigetta i ricorsi

Si è riunita ieri la Corte Costituzionale che ha giudicato inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati dai giudici tarantini, in merito al decreto 'salva-ilva' e alla relativa legge di conversione. Intanto il pm ha chiesto al gip di autorizzare la vendita dell'acciaio sequestrato

Si è riunita ieri la Corte Costituzionale che ha giudicato inammissibili i conflitti di attribuzione sollevati dai giudici tarantini, in merito al decreto 'salva-ilva' e alla relativa legge di conversione. Intanto il pm ha chiesto al gip di autorizzare la vendita dell'acciaio sequestrato

NOVI LIGURE – La Corte Costituzionale – riunitasi ieri pomeriggio – ha dichiarato inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevati dal Procuratore della Repubblica di Taranto in relazione al decreto-legge cosiddetto ‘salva Ilva’, sia nel testo originario, che in quello risultante dalla sua conversione in legge. Rimangono, invece, aperte le questioni di incostituzionalità sollevate dal Tribunale del riesame e dal gip Patrizia Todisco sulle quali la Consulta dovrà esprimersi dopo aver sentito le parti – governo e magistrati – nel corso dell’udienza pubblica che dovrebbe essere fisserà entro il mese di aprile.

La Corte ha spiegato che il conflitto di attribuzione relativo ad una legge o ad un atto avente forza di legge è inammissibile quando sussiste la possibilità di sollevare eccezione di legittimità costituzionale (come è stato fatto) nell’ambito di un giudizio comune e che “siffatta possibilità sussiste nel caso di specie e si è addirittura concretizzata con la remissione alla Corte costituzionale in via incidentale, da parte sia del Gip presso il Tribunale ordinario di Taranto sia di tale Tribunale, di questioni di legittimità costituzionale relative al citato decreto-legge”. 

 
Intanto i pm di Taranto hanno chiesto al gip di autorizzare la vendita dell’acciaio sequestrato perché rischia di rovinarsi, visto il suo stoccaggio vicino al mare e quindi esposto alle intemperie. Però, secondo i magistrati, la somma ricavata dalla vendita (circa 800 milioni di euro) dovrebbe essere a sua volta sequestrata. Secondo una perizia dei consulenti della procura, le giacenze d’acciaio sequestrate – che ammontano a circa 1,8 milioni di tonnellate – potrebbero presto non essere più utili per il commercio. Sempre la Procura avrebbe il compito di verificare i contratti di fornitura già siglati e contattare i diversi clienti a cui Ilva sostiene di dover consegnare l’acciaio già ordinato per procedere alla vendita. Il ricavato che rimarrà sotto sequestro, in caso di condanna definitiva, sarebbe confiscato e messo a disposizione della parte offesa e cioè il ministero dell’Ambiente.

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