Azimut: “se ci costringono a chiudere, che fine faranno i nostri ragazzi?”
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Azimut: “se ci costringono a chiudere, che fine faranno i nostri ragazzi?”

E’ da 24 anni “la bussola” dei minori in difficoltà, e gestisce diverse comunità e progetti territoriali, “in partnership con i consorzi socio assistenziali”. Ma se il Cissaca non salda i debiti, tutto rischia di “saltare”. L’analisi di Ettore Libener, storico “presidente” della cooperativa alessandrina

E? da 24 anni ?la bussola? dei minori in difficoltà, e gestisce diverse comunità e progetti territoriali, ?in partnership con i consorzi socio assistenziali?. Ma se il Cissaca non salda i debiti, tutto rischia di ?saltare?. L?analisi di Ettore Libener, storico ?presidente? della cooperativa alessandrina

Ora non sono più solo voci di corridoio, ma dichiarazioni ufficiali dei giorni scorsi: “fino ad oggi, sia pur fra mille difficoltà, siamo riusciti a pagare gli stipendi ai circa 150 dipendenti della cooperativa, ma se il Comune di Alessandria, attraverso il Cissaca, non ci regolarizza a breve almeno i pagamenti del 2012, si chiude. E non so davvero che fine faranno gli ospiti delle nostre comunità: sarebbe un dramma”. Ettore Libener è presidente di Azimut, una delle realtà di maggior peso nel panorama della cooperazione sociale di casa nostra. Con alle spalle 24 anni di esperienza, 3 comunità per minori gestite in provincia (Tortona, Ovada e Felizzano, e una quarta a Cinisello Balsamo, nel milanese), un fatturato annuo che nel 2011 ha raggiunto i 4 milioni e 250 mila euro. Ma anche 1 milione e 600 mila euro di crediti dal Cissaca, che rischiano di far “saltare il banco”. Libener naturalmente non chiude le porte alla speranza: ne ha viste troppe, in trent’anni di impegno personale nel mondo cooperativo e sociale, per non sapere che una soluzione si può sempre trovare, quando c’è la volontà di farlo. Però riconosce che la situazione “strutturale”, per il comparto, è di una gravità senza precedenti: “ma mi sembra assurdo che Azimut e tante altre realtà che operano con impegno in trincea, fornendo servizi reali e indispensabili alle fasce più deboli della popolazione, debbano pagare il conto per il degenerare di una situazione finanziaria complessiva con cui davvero noi non abbiamo nulla a che fare”. Parliamone, allora, di questo mondo della cooperazione, ricco sul nostro territorio di esperienze positive, e che assolve un compito essenziale nella “filiera” dei servizi sociali. Talora, in tempi di scandali e risorse sempre più scarse, anche l’universo cooperativo rischia di essere presentato come un terreno di coltura di interessi personali “occulti”, magari utilizzando qualche esempio di “cattiva gestione” per delegittimare tutto il settore. “E qui io non ci sto, mi spiace. Diciamolo subito: vado in giro con una skoda, e ho una retribuzione, come presidente di Azimut, di ben 3 mila euro lordi l’anno”. Libener sorride con pacatezza, e accetta di accompagnarci in una piccola analisi del settore: “so bene che non tutto il mondo cooperativo è di specchiata trasparenza: non mancano le ombre, e in qualche caso probabilmente oltre a quelle c’è anche altro”. Ma questo non può certo bastare ad oscurare o sminuire il ruolo essenziale, sociale ed anche economico, che le cooperative sane, con tanti soci onesti e seri, svolgono sul territorio provinciale. “Non solo – aggiunge Libener –: non va dimenticato che in cooperativa contano comunque le teste, e quindi un presidente che non convince può e deve essere allontanato. Anche se poi, lo sappiamo, nei fatti non è mai semplice: perché magari quello si porta via relazioni e contatti, e di cooperativa ne apre un’altra, tua diretta concorrente”. Un preambolo, quello di Ettore Libener, che serve a fare chiarezza, e a capire come il mondo, anche quello cooperativo, non sia mai tutto bianco, o tutto nero, ma ricco di chiaroscuri. Ed è universo che Libener conosce come le sue tasche, poiché lo frequenta attivamente da una trentina d’anni: “con una particolarità: sono presidente di Azimut dal 1988, ossia dalla fondazione, ma come diversi altri componenti del cda sono solo socio, e non dipendente o stipendiato dalla struttura (Libener, dal 1980, è funzionario Enaip). Il che rientra nella filosofia di Azimut: abbiamo sempre creduto fosse una garanzia in più, un modo per non pensare solo all’interesse, legittimo, dei dipendenti, ma anche alla qualità dei servizi erogati”. 

Azimut è termine che rimanda alle bussole, e alla misurazione dell’orientamento topografico. E il nome della cooperativa, naturalmente, non è casuale, ma legato al fatto che il gruppo di soci fondatori arriva un po’ dal mondo della formazione, e un po’ dall’esperienza degli scout. A Libener ancora oggi brillano gli occhi ricordando gli albori del progetto: “Mi sembra ieri – dice – ma sono passati 24 anni. Era l’estate del 1988, e costituire una cooperativa, di corsa, era l’unico modo per rispondere ad un’emergenza del momento: impedire la chiusura di una comunità per adolescenti. Partì tutto così: talmente in fretta, che non pensammo neppure, sul piano organizzativo e strutturale, al modello più efficiente per beneficiare di una serie di contributi esistenti all’epoca. Ma eravamo contenti, sapevamo di fare la cosa giusta”. Cooperativa sociale di tipo A, Azimut ha fatto da subito dell’attenzione alle esigenze dei minori in condizioni di disagio il proprio specifico ambito di attività ed intervento, creando diverse comunità educative, e sviluppando via via progetti di inclusione sociale di bambini, ragazzi e poi anche disabili. “E’ un’attività – spiega Libener – che viene gestita e sviluppata in stretta sinergia con i consorzi socio assistenziali del nostro territorio provinciale, e che ci consente di assistere i bambini a partire dall’età di 3 anni (ovviamente con famiglie in difficoltà, o senza famiglia), e di accompagnarli o verso un percorso di adozione, o nella direzione di una formazione scolastica e professionale, fino alla vita adulta”.
Proprio con l’obiettivo di creare un percorso di sbocco professionale nel 1996 dagli stessi soci di Azimut è stata costituita Marcondiro, cooperativa sociale di tipo B: “i nostri ragazzi ai fini dell’inserimento lavorativo sono giustamente considerati dalla legge soggetti svantaggiati, mentre purtroppo lo stesso status non è oggi riconosciuto ai 50enni disoccupati, che sono una categoria in spaventoso aumento”.

Ma torniamo ad Azimut. Le case famiglia indubbiamente rappresentano un’importante esperienza di vita per chi cresce al loro interno, e anche per chi ci lavora, con le mansioni più svariate: c’è un coinvolgimento emotivo e personale da non sottovalutare: “vedere crescere delle persone – conferma il presidente di Azimut -, essere loro accanto quando affrontano i problemi legati alla vita, agli studi, alle relazioni sociali è una bella responsabilità, e una grande esperienza umana. Ancora adesso, capita di vederli tornare, da adulti, per un saluto, o per annunciarti il matrimonio, o la nascita di un figlio. E lì capisci che davvero il tuo impegno personale, oltre che il tuo lavoro, sono serviti a qualcosa”.
Azimut è iscritta a ConfCooperative, e conta oggi su circa 150 soci, impegnati in parte nelle attività di tipo residenziale, e in parte nei progetti territoriali, legati ai consorzi socio assistenziali, “che svolgono un ruolo essenziale, e che per fortuna continueranno ad esistere, dopo le incertezze legislative dei mesi scorsi”. Però, appunto, c’è da risolvere l’emergenza del presente, sempre più cupo, e legato al pesante debito del Comune di Alessandria nei confronti del Cissaca, che a sua volta non ha le risorse per pagare i servizi delle cooperative, tra cui Azimut. “Finora abbiamo fatto ricorso al credito bancario – spiega Libener – ma anche su quel fronte le difficoltà aumentano, e comunque si tratta di denaro che va restituito, e con gli interessi. Davvero è indispensabile che nei prossimi giorni arrivino segnali concreti, o rischiamo di dover sospendere le nostre attività”.

Parlare di futuro, in questo momento, è davvero difficile insomma. Però si deve, perché chi smette di progettare ha già “gettato la spugna”. E Libener non è tra questi: “Certamente – spiega – da un lato ci auguriamo che sul fronte pubblico ci torni ad essere una regolarità nei pagamenti, che è condizione essenziale perché tutte le nostre attività possano essere svolte con la necessaria serenità. Sul piano progettuale, credo che nel nostro settore sarà sempre più importante operare in collaborazione e sinergia tra soggetti diversi e complementari: che è poi lo spirito con il quale, nell’ormai lontano 1994, fummo tra i fondatori del consorzio ConSolidale, di cui sono attualmente presidente. Una realtà che comprende, oltre ad Azimut e Marcondiro, realtà importanti del tessuto cooperativo alessandrino come Coompany&, Il pane e le rose, Lavoro Liberazione, Ludocoop e l’associazione San Benedetto al Porto”.

Il presidente di Azimut non ci nega però un’ultima, realistica riflessione: “In questi trent’anni è cambiato il mondo, non possiamo ignorarlo. Chi decideva di lavorare in cooperativa, fra i ragazzi della mia generazione, lo faceva per forte adesione diciamo pure ideologica, di principi e di valori. Volendo, poteva scegliere di fare altro, e spesso rinunciava anche ad attività meglio retribuite. Oggi, inutile far finta di nulla, si arriva al lavoro in cooperativa solo come scelta lavorativa, pura e semplice. E non poche volte anche perché, semplicemente, non si trova di meglio. Questo significa che dobbiamo sforzarci il doppio, noi della vecchia guardia, per cercare di spiegare ai ragazzi di oggi che cooperativa non è solo un modo di campare, ma molto di più. O almeno così dovrebbe essere”.

 

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