Azimut: “se ci costringono a chiudere, che fine faranno i nostri ragazzi?”
E da 24 anni la bussola dei minori in difficoltà, e gestisce diverse comunità e progetti territoriali, in partnership con i consorzi socio assistenziali. Ma se il Cissaca non salda i debiti, tutto rischia di saltare. Lanalisi di Ettore Libener, storico presidente della cooperativa alessandrina
E? da 24 anni ?la bussola? dei minori in difficoltà, e gestisce diverse comunità e progetti territoriali, ?in partnership con i consorzi socio assistenziali?. Ma se il Cissaca non salda i debiti, tutto rischia di ?saltare?. L?analisi di Ettore Libener, storico ?presidente? della cooperativa alessandrina
Azimut è termine che rimanda alle bussole, e alla misurazione dell’orientamento topografico. E il nome della cooperativa, naturalmente, non è casuale, ma legato al fatto che il gruppo di soci fondatori arriva un po’ dal mondo della formazione, e un po’ dall’esperienza degli scout. A Libener ancora oggi brillano gli occhi ricordando gli albori del progetto: “Mi sembra ieri – dice – ma sono passati 24 anni. Era l’estate del 1988, e costituire una cooperativa, di corsa, era l’unico modo per rispondere ad un’emergenza del momento: impedire la chiusura di una comunità per adolescenti. Partì tutto così: talmente in fretta, che non pensammo neppure, sul piano organizzativo e strutturale, al modello più efficiente per beneficiare di una serie di contributi esistenti all’epoca. Ma eravamo contenti, sapevamo di fare la cosa giusta”. Cooperativa sociale di tipo A, Azimut ha fatto da subito dell’attenzione alle esigenze dei minori in condizioni di disagio il proprio specifico ambito di attività ed intervento, creando diverse comunità educative, e sviluppando via via progetti di inclusione sociale di bambini, ragazzi e poi anche disabili. “E’ un’attività – spiega Libener – che viene gestita e sviluppata in stretta sinergia con i consorzi socio assistenziali del nostro territorio provinciale, e che ci consente di assistere i bambini a partire dall’età di 3 anni (ovviamente con famiglie in difficoltà, o senza famiglia), e di accompagnarli o verso un percorso di adozione, o nella direzione di una formazione scolastica e professionale, fino alla vita adulta”.
Proprio con l’obiettivo di creare un percorso di sbocco professionale nel 1996 dagli stessi soci di Azimut è stata costituita Marcondiro, cooperativa sociale di tipo B: “i nostri ragazzi ai fini dell’inserimento lavorativo sono giustamente considerati dalla legge soggetti svantaggiati, mentre purtroppo lo stesso status non è oggi riconosciuto ai 50enni disoccupati, che sono una categoria in spaventoso aumento”.
Ma torniamo ad Azimut. Le case famiglia indubbiamente rappresentano un’importante esperienza di vita per chi cresce al loro interno, e anche per chi ci lavora, con le mansioni più svariate: c’è un coinvolgimento emotivo e personale da non sottovalutare: “vedere crescere delle persone – conferma il presidente di Azimut -, essere loro accanto quando affrontano i problemi legati alla vita, agli studi, alle relazioni sociali è una bella responsabilità, e una grande esperienza umana. Ancora adesso, capita di vederli tornare, da adulti, per un saluto, o per annunciarti il matrimonio, o la nascita di un figlio. E lì capisci che davvero il tuo impegno personale, oltre che il tuo lavoro, sono serviti a qualcosa”.
Azimut è iscritta a ConfCooperative, e conta oggi su circa 150 soci, impegnati in parte nelle attività di tipo residenziale, e in parte nei progetti territoriali, legati ai consorzi socio assistenziali, “che svolgono un ruolo essenziale, e che per fortuna continueranno ad esistere, dopo le incertezze legislative dei mesi scorsi”. Però, appunto, c’è da risolvere l’emergenza del presente, sempre più cupo, e legato al pesante debito del Comune di Alessandria nei confronti del Cissaca, che a sua volta non ha le risorse per pagare i servizi delle cooperative, tra cui Azimut. “Finora abbiamo fatto ricorso al credito bancario – spiega Libener – ma anche su quel fronte le difficoltà aumentano, e comunque si tratta di denaro che va restituito, e con gli interessi. Davvero è indispensabile che nei prossimi giorni arrivino segnali concreti, o rischiamo di dover sospendere le nostre attività”.
Parlare di futuro, in questo momento, è davvero difficile insomma. Però si deve, perché chi smette di progettare ha già “gettato la spugna”. E Libener non è tra questi: “Certamente – spiega – da un lato ci auguriamo che sul fronte pubblico ci torni ad essere una regolarità nei pagamenti, che è condizione essenziale perché tutte le nostre attività possano essere svolte con la necessaria serenità. Sul piano progettuale, credo che nel nostro settore sarà sempre più importante operare in collaborazione e sinergia tra soggetti diversi e complementari: che è poi lo spirito con il quale, nell’ormai lontano 1994, fummo tra i fondatori del consorzio ConSolidale, di cui sono attualmente presidente. Una realtà che comprende, oltre ad Azimut e Marcondiro, realtà importanti del tessuto cooperativo alessandrino come Coompany&, Il pane e le rose, Lavoro Liberazione, Ludocoop e l’associazione San Benedetto al Porto”.
Il presidente di Azimut non ci nega però un’ultima, realistica riflessione: “In questi trent’anni è cambiato il mondo, non possiamo ignorarlo. Chi decideva di lavorare in cooperativa, fra i ragazzi della mia generazione, lo faceva per forte adesione diciamo pure ideologica, di principi e di valori. Volendo, poteva scegliere di fare altro, e spesso rinunciava anche ad attività meglio retribuite. Oggi, inutile far finta di nulla, si arriva al lavoro in cooperativa solo come scelta lavorativa, pura e semplice. E non poche volte anche perché, semplicemente, non si trova di meglio. Questo significa che dobbiamo sforzarci il doppio, noi della vecchia guardia, per cercare di spiegare ai ragazzi di oggi che cooperativa non è solo un modo di campare, ma molto di più. O almeno così dovrebbe essere”.