Giovani più precari, donne meno pagate
Il rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese mostra un mondo del lavoro in cui a prevalere sono i contratti atipici, principalmente tra i 18 e 29 anni. Per le donne rimane netto il divario con il reddito degli uomini
Il rapporto annuale dell'Istat sulla situazione del Paese mostra un mondo del lavoro in cui a prevalere sono i contratti atipici, principalmente tra i 18 e 29 anni. Per le donne rimane netto il divario con il reddito degli uomini
L’occupazione della forza lavoro è cresciuta per il 2011 dello 0,4%. A determinare questo rialzo è quasi unicamente l’aumento dei lavoratori con più di 50 anni (a causa delle modifiche ai requisiti per accedere alla pensione) e delle donne (per l’innalzamento dell’età pensionabile). Nelle fasce d’età più giovani invece il dato ha segno negativo. Tra i 18 e 29 anni nel 2011 il tasso di disoccupazione ha toccato quota 20,2%, e i cosiddetti Neet (coloro che non studiano o lavorano)tra i 15 e 29 anni sono ben 2,1 milioni.
In discesa è l’occupazione a tempo pieno e indeterminato (-0,6%) a scapito di una crescita dell’occupazione a tempo parziale e indeterminato (+2,3%). I contratti a tempo determinato e di collaborazione salgono del 5,3%, con un picco del 8,8% di quelli della durata di massimo 6 mesi e una diminuzione di quelli superiori ad un anno.
A guardare nell’arco lungo degli ultimi decenni si nota ancora di più il prevalere del part time e dei contratti atipici sulle forme standard di lavoro. Gli occupati dipendenti a termine sono cresciuti del 48,4% dal 1993 al 2011, più del 13,8% dell’occupazione complessiva. L’incidenza del lavoro temporaneo su quello subordinato e del 13,4%, che sale fino al 35% fra i 18 e 29 anni.
Il 44,6% di chi è nato dagli anni ’80 in poi ha iniziato con un contratto atipico. A 10 è ancora precario 13 di quanti sono occupati, e 1 lavoratore su 10 ha perso il proprio posto. Anche qui si nota un diverso trattamento a seconda della classe d’appartenenza: un passaggio al lavoro standard è più facili per coloro che vengono da famiglie agiate; tra gli operai che hanno iniziato con un contratto atipico, invece, dopo 10 anni il 22,7% è ancora precario e l’11,6% ha perso il lavoro.
L’aumento della disuguaglianza è marcato anche nel rapporto fra i sessi. Tra il 1993 e il 2011 le donne lavoratrici sono passate da 7,6 a 9,3 milioni, rispetto a un calo di 40 mila unità degli uomini. Ad avere contribuito notevolmente all’occupazione femminile è, però, il lavoro part time. Il 30% delle occupate ha un lavoro ad orario ridotto, e tra questa quasi la metà ha un contratto part time pur volendone uno a tempo pieno. A incidere negativamente è anche la maternità, con 1 donna su 4 che a due anni dalla nascita del figlio si trova senza lavoro.
Il divario tra il reddito di un uomo è quello di una donna continua ad essere forte, e cresce proporzionalmente con l’aumentare del reddito. L’Italia si trova in fondo alla classifica europea per il contributo della donna nei redditi della coppia. Ben il 33,7% di coloro che hanno tra i 25 e 54 anni non percepiscono un reddito, contro una media dell’Unione Europea a 27 del 19,8%