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Salta il referendum sulla caccia. I promotori: “non ci arrendiamo”
L'approvazione dell'emendamento di abrogazione della legge regionale sulla caccia in consiglio a Torino fa saltare il referendum. Cota: "i soldi risparmiati utilizzati per il sociale". Il comitato promotore: "colpo di mano, ma non ci arrendiamo"
L'approvazione dell'emendamento di abrogazione della legge regionale sulla caccia in consiglio a Torino fa saltare il referendum. Cota: "i soldi risparmiati utilizzati per il sociale". Il comitato promotore: "colpo di mano, ma non ci arrendiamo"
Approvato in Consiglio regionale l’emendamento che abroga la legge sulla caccia. Ovvero: il referendum già indetto per il 3 giugno con tutta probabilità non si farà. Resta infatti ancora un passaggio attraverso la valutazione della Commissione di garanzia. E resta tutta da rifare, anche, la legge che regolamenta l’attività venatoria in tutta la regione. La “corsa contro il tempo” fatta dalla giunta di Roberto Cota per evitare il ricorso alle urne in materia di doppiette ha prodotto i suoi effetti. “Un attentato alla democrazia” secondo i promotori del referendum (le associazioni animaliste, antivenatorie, pacifiste e tutti i cittadini che hanno aderito alla raccotla firme). Un “atto di buon senso”, secondo l’assessore regionale Claudio Sacchetto che punta i riflettori sul risparmio per le casse dell’ente di 20 milioni di euro circa. Tanto, infatti, sarebbe costato il ricorso alle urne in Regione.
“Una soluzione di buonsenso che pone fine a 25 anni di burocrazia e battaglie, un’alternativa valida per evitare di spendere oltre 20 milioni di euro di fondi pubblici, somma che potrà essere dirottata sul settore sociale”, dichiara Sacchetto al termine della riunione di consiglio di ieri.
L’assessorre ammette che “dopo 16 anni dall’approvazione, la Legge Regionale 1996 non è più adeguata ai cambiamenti nel frattempo intercorsi: mutamento delle condizioni in cui si esercita la caccia, cambiamento della fauna, del territorio e delle attività condotte sullo stesso. È necessaria e indispensabile una legge nuova, moderna, che da un lato concepisca la caccia in tutte le sue sfumature (obiettivi, potenzialità, funzionalità per il territorio) e dall’altra allinei la normativa piemontese a quella delle Regioni confinanti, realtà ancora molto lontane dalla nostra. I cacciatori non devono in alcun modo essere additati quale pericolo da contenere, al contrario sono persone per bene, onesti cittadini che possono essere importante risorsa per il territorio svolgendo la loro preziosa attività nel solco delle norme previste dall’Unione Europea e dallo Stato.”
Sacchetto respinge le accuse di voler “sovvertire la tutela dell’ambiente”: “innanzitutto il cacciatore, insieme all’agricoltore, è il primo attento guardiano del territorio. In seconda istanza, non bisogna mai dimenticare che, alla sempre più grave emergenza di danneggiamento delle colture a seguito della eccessiva proliferazione di fauna selvatica, è necessario porre un freno: solo con la sinergia fra mondo venatorio ed agricoltura si può intraprendere un percorso virtuoso e bilanciato”.
Il presidente della Regione Cota, si limita a “Prendere atto del voto del Consiglio sull’abrogazione della legge 70. Appena approvata la legge finanziaria, si esprimerà la Commissione di garanzia in relazione al referendum e prenderemo atto della sua valutazione. E’ ovvio che, dal mio punto di vista, saluto positivamente il risparmio di 22 milioni di euro che, in un momento così delicato, potranno essere impiegati a sostegno delle categorie più deboli’.
L’opposizione, guidata dall’ex presidente Mercedes Bresso parla invece di un “colpo di mano”. “Con il voto di oggi in Consiglio regionale – sottolinea – si e’ manifestata la totale incapacita’ politica di una giunta sempre piu’ allergica ai piu’ elementari principi di legalita’. Se il problema erano le risorse necessarie allo svolgimento del referendum, potevano sostenere l’accorpamento con le elezioni amministrative, cosi’ facendo avremmo potuto ridurre di molto i costi previsti”.
Delusione e amarezza nelle parole del comitato promotore: “L’opinione pubblica è ormai convinta che il referendum non si farà più, per cui, anche nel caso – improbabile ma non impossibile – che la situazioni si ribalti, le difficoltà per noi diverrebbero praticamente insormontabili. Non fosse altro che per la drammatica riduzione dei tempi a nostra disposizione per la campagna elettorale.
Non ci diamo comunque per vinti.”
“Una soluzione di buonsenso che pone fine a 25 anni di burocrazia e battaglie, un’alternativa valida per evitare di spendere oltre 20 milioni di euro di fondi pubblici, somma che potrà essere dirottata sul settore sociale”, dichiara Sacchetto al termine della riunione di consiglio di ieri.
L’assessorre ammette che “dopo 16 anni dall’approvazione, la Legge Regionale 1996 non è più adeguata ai cambiamenti nel frattempo intercorsi: mutamento delle condizioni in cui si esercita la caccia, cambiamento della fauna, del territorio e delle attività condotte sullo stesso. È necessaria e indispensabile una legge nuova, moderna, che da un lato concepisca la caccia in tutte le sue sfumature (obiettivi, potenzialità, funzionalità per il territorio) e dall’altra allinei la normativa piemontese a quella delle Regioni confinanti, realtà ancora molto lontane dalla nostra. I cacciatori non devono in alcun modo essere additati quale pericolo da contenere, al contrario sono persone per bene, onesti cittadini che possono essere importante risorsa per il territorio svolgendo la loro preziosa attività nel solco delle norme previste dall’Unione Europea e dallo Stato.”
Sacchetto respinge le accuse di voler “sovvertire la tutela dell’ambiente”: “innanzitutto il cacciatore, insieme all’agricoltore, è il primo attento guardiano del territorio. In seconda istanza, non bisogna mai dimenticare che, alla sempre più grave emergenza di danneggiamento delle colture a seguito della eccessiva proliferazione di fauna selvatica, è necessario porre un freno: solo con la sinergia fra mondo venatorio ed agricoltura si può intraprendere un percorso virtuoso e bilanciato”.
Il presidente della Regione Cota, si limita a “Prendere atto del voto del Consiglio sull’abrogazione della legge 70. Appena approvata la legge finanziaria, si esprimerà la Commissione di garanzia in relazione al referendum e prenderemo atto della sua valutazione. E’ ovvio che, dal mio punto di vista, saluto positivamente il risparmio di 22 milioni di euro che, in un momento così delicato, potranno essere impiegati a sostegno delle categorie più deboli’.
L’opposizione, guidata dall’ex presidente Mercedes Bresso parla invece di un “colpo di mano”. “Con il voto di oggi in Consiglio regionale – sottolinea – si e’ manifestata la totale incapacita’ politica di una giunta sempre piu’ allergica ai piu’ elementari principi di legalita’. Se il problema erano le risorse necessarie allo svolgimento del referendum, potevano sostenere l’accorpamento con le elezioni amministrative, cosi’ facendo avremmo potuto ridurre di molto i costi previsti”.
Delusione e amarezza nelle parole del comitato promotore: “L’opinione pubblica è ormai convinta che il referendum non si farà più, per cui, anche nel caso – improbabile ma non impossibile – che la situazioni si ribalti, le difficoltà per noi diverrebbero praticamente insormontabili. Non fosse altro che per la drammatica riduzione dei tempi a nostra disposizione per la campagna elettorale.
Non ci diamo comunque per vinti.”
Dopo una brevissima pausa di rifelssione, fino a lunedì, “valuteremo tutte le strade legali per riprenderci il referendum (e soprattutto la democrazia): al momento non escludiamo nemmeno denunce penali (per violazione dell’articolo della Costituzione che prevede i diritti civili della popolazione). Saranno comunque i nostri legali ad indicarci quale sarà la strada più proficuamente percorribile.”